Di freddo si muore ancora

Pubblicato: 16 gennaio 2009 da massitutor in asfalto fuoriporta, assistenze e bisogni, civiltà, morte

Edizione Online de Il Giornale di oggi, 16 gennaio 2009

milano_freddo_2009MILANO. Emergenza freddo, in Santo Stefano clochard muore d’infarto. Il Comune aggiunge 225 posti letto nel dormitorio di via Ortles. Il responsabile: «Visita medica e vaccino anti tubercolosi per tutti»
Un freddo così non lo si pativa da tempo a Milano. Ma a soffrire più di tutti sono i senzatetto. Che ieri hanno perso un altro compagno di strada. Stroncato da un arresto cardiaco in piazza Santo Stefano, a due passi dall’università Statale. Nel tardo pomeriggio l’uomo, un africano di 35-40 anni, ha cominciato a rantolare sul marciapiede, in preda a un terribile malore. Aveva un infarto in corso. Il clochard è stato soccorso dal 118, grazie alla segnalazione di un passante, e portato al Policlinico, ma una volta giunto in ospedale è morto. Tra le prime ipotesi il freddo intenso di questi giorni, capace di stroncare anche un cuore giovane.
Per evitare altre tragedie, al dormitorio di viale Ortles, oltre al classico piano antifreddo che dura 5 mesi all’anno, è scattata anche l’emergenza umanitaria per ospitare anche gli stranieri senza permesso di soggiorno. Sono stati predisposti 225 posti letto in più rispetto al normale a cui gli homeless possono accedere tramite iter per così dire «abbreviati». Gli ospiti vengono visitati e vaccinati contro la Tbc, schedati, ma non hanno diritto all’assistenza socio-sanitaria di cui usufruiscono gli altri utenti della struttura. (…) È sufficiente rivolgersi al centro aiuto della stazione Centrale per ottenere un posto letto, che può diventare fisso, una volta entrati. «Gli ospiti del dormitorio, che ha una capienza complessiva di 472 posti, sono in egual misura italiani e stranieri – spiega la responsabile Stefania Zanzi -, in prevalenza uomini e molti over 65. Ci sono alcolisti, tossicodipendenti, ex carcerati, disoccupati e la nuova "categoria" dei separati con alimenti da pagare e figli da mantenere e che non riescono a permettersi un affitto». Il posto è fisso e nominale, assegnato per un periodo di sei mesi, ci sono poi alcune stanze singole per casi di patologie psichiatriche particolarmente gravi. L’infermeria è attiva 24 ore al giorno, c’è anche uno spazio diurno dove gli ospiti vengono seguiti da un animatore e presto anche da un educatore per l’avviamento al lavoro e il reinserimento nella società.
In estate nel centro si svolgono vengono varie attività: gli ospiti della struttura, ad esempio, hanno il compito di curare il giardino e l’orto. Con i prodotti raccolti i senzatetto organizzano pranzi e cene all’aperto. Due assistenti sociali li seguono con colloqui periodici, mentre i casi più difficili, come alcolisti e tossicodipendenti, vengono affidati ad assistenza comunale specializzata. Il costo del posto letto è di un euro e mezzo così come per la cena offerta da Milano Ristorazione, ma è possibile alloggiare gratuitamente o a credito in casi di particolare indigenza. Nel corso del 2009 sono previste operazioni di rinnovamento del dormitorio con la costruzione di un locale docce molto ben attrezzato, una lavanderia e un locale guardaroba in cui depositare e distribuire gli indumenti provenienti da donazioni.

commenti
  1. anonimo ha detto:

    E a Palazzo d’Accursio, in Comune, si dirà: Ma sì ma cosa c’entra?… Noi siamo a Bologna… Mica a Milano!

  2. marzia ha detto:

    Riflettevo sui nuovi “homeless” e sugli sviluppi che sta avendo queste nostre aggregazioni umane…
    Di come passare la staccionata sia divenuto facile: non c’è “bisogno” di patologie o di altro.
    La foto a corredo è perfetta.

  3. marzia ha detto:

    Stanno avendo.

  4. contropensiero ha detto:

    ero a milano per l’epifania e mi ha colpito vedere una fila di duecento metri per entrare in un negozio di dolce e gabbana

  5. massitutor ha detto:

    Una morte veramente evitabile, ma ogni anno si dice la stessa cosa e le stesse cose producono gli stessi risultati. Ormai siamo abituati (ci si vuole abituare) a considerare questi fatti un effetto collaterale di questo mondo che, a quanto pare, a molti appare perfetto così com’è.
    Cerchiamo un posto in una società nella quale valga la pena cercarsi un posto.

  6. anderlet ha detto:

    Secondo me a queste cose non ci dovremmo abituare mai.

  7. anonimo ha detto:

    Tempo difficile freddo intenso uomini che cadono e non si rialzono mai più,come se la vita non ha più niente da dire,siamo uomini siamo umani abbiamo un cuore usiamolo per noi e per il prossimo. MONTRESORI CARLO

  8. simpit ha detto:

    su un totale di 472. in quanti sono in una stanza?

  9. massitutor ha detto:

    Da settimane il Canada è nella morsa del gelo e tiene banco nelle notizie dall’estero per quanto riguarda le persone in strada. Vite ai confini della realtà che conosciamo, a meno 30 gradi sotto lo zero… Anche se è lontano da qui, mi sembra doveroso e utile, per chi vuole approfondire l’argomento, riportare qualche articolo almeno nei commenti.

    dall’edizione online del Corriere:

    In coda a meno trenta per un pasto caldo L’inferno di ghiaccio di chi vive per strada
    Shelter sovraffollati. Samantha, 18 anni, sei mesi da homeless: «Un’esperienza terrificante»

    Un uomo si avvicina ad una signora di mezza età davanti a una biblioteca di Yonge e Bloor. Lui è di fretta. Starà rientrando al lavoro dopo la pausa pranzo. Forse lei un pasto caldo non l’ha ancora preso. Forse è dal giorno prima che non mangia. È seduta per terra. Le guance rosse. La sua sciarpa è troppo sottile. Ha una coperta rossa. Ma non basta quando fuori si sfiorano i meno trenta gradi. Lui le chiede qualcosa. Lei scrolla la testa. Le dà qualche moneta e si allontana.
    Homeless. Che a volte suscitano pietà e inquietudine e abbattono la barriera dell’indifferenza. A volte quel muro invece se lo costruiscono, alto, intorno a loro. Persone con un passato che si ritrovano a vivere per strada, chi per scelta chi per disperazione. I mesi invernali sono i più brutti. Per ogni clochard una storia. Non hanno voglia di parlare. È l’una. Come ogni giorno si mettono in fila indiana davanti alla porta di uno shelter e aspettano cibo e vestiti. Nessuno parla. Sono infreddoliti, affamati.
    Con l’emergenza freddo di questi giorni scatta automaticamente, più degli altri periodi dell’anno, una catena di solidarietà, da persone comuni, da semplici passanti e da chi quell’aiuto lo offre ventiquattro ore su ventiquattro.
    «Abbiamo registrato un aumento del 25 per cento della domanda per un pasto – spiega Adrienne Urquhart, direttore per la raccolta fondi e pubbliche relazioni del Good Shepherd Centre – Nel 2007 ne abbiamo distribuiti in media 750 al giorno. In questi giorni ne stiamo già servendo 950. Purtroppo il nostro shelter è al completo e per la notte non ci sono più posti letto. Cerchiamo allora di trovare una sistemazione in altre case di accoglienza. Abbiamo tre help line oppure diamo loro tokens per raggiungere altri posti. Vengono qui di loro spontanea volontà o con un assistente sociale nel caso ne abbiano già uno. Operiamo 365 giorno all’anno. Di solito abbiamo posti letto disponibili, in tutto sono 91 ma il freddo di questi giorni ha trasformato una situazione gestibile nel quotidiano in emergenza». Due giorni fa erano sei i senzatetto che Good Shepherd non ha potuto accogliere. Martedì in 17 hanno richiesto assistenza: «Tutti però hanno trovato una sistemazione».
    Ed erano 118 gli homeless che hanno bussato giovedì alle porte di Salvation Army – The Gateaway. «Offriamo pasti, vestiti e sostegno psicologico – spiega il direttore Dion Oxford – I nostri posti letto sono 108. Se siamo al completo, troviamo loro un altro shelter. In questi giorni, per le temperature decisamente molto basse abbiamo avuto 10 homeless in più».
    Alcuni di loro sono giovani. Sono circa 50mila i ragazzi che scappano di casa e si ritrovano a vivere di espedienti per strada. Il vortice che li risucchia è fatto di droga, alcol, sfruttamento e prostituzione. A tendere loro una mano la Covenant House di Gerrard Street, un centro aperto nel 1982 al quale si possono rivolgere giovani dai 16 ai 24 anni. Sono 94 i posti letto per i giovani senzatetto, come spiega Rose Cino, communications manager: «La loro è una situazione decisamente molto diversa dagli homeless anziani. I giovani sono più forti, riescono a sopravvivere meglio in strada. Ma nonostante l’età hanno già un passato di abusi. Proprio questo passato violento spinge il 70 per cento dei ragazzi a vivere per strada. A Toronto sono circa 10mila. E non lo fanno per scelta». Ma non solo. La crisi economica mondiale ha fatto perdere migliaia di posti di lavoro. Una pressione non da poco. «In tanti si perdono d’animo e bussano alla nostra porta. Possiamo offrire loro una giusta formazione e l’istruzione adeguata per rientrare nel mondo del lavoro».
    Samantha, 18 anni, era una homeless. Vive alla Covenant House e sogna un impiego nel campo della musica o con i bambini. Ha vissuto, dai 14 ai 16 anni, in una group home della Children’s Aid Society (CAS). A dicembre lo sfratto: «Cercavo sostegno, una persona con cui parlare, un lavoro. Insomma, volevo ritrovare il mio equilibrio. Qui ho trovato tanti amici, tante persone della mia età. Anche se sento alcune di loro molto distanti da me. Sono quelle che non accettano nessun tipo di aiuto, ma devono capire che vivere qui è bello. Abbiamo cibo, un posto caldo e persone che ti aiutano a capire chi sei veramente e che sostengono le tue decisioni».
    Sammy non parla più con la sua famiglia. «Non andavo d’accordo con mia mamma e con il suo compagno, con cui vive tuttora. Mia madre prese una decisione. Scelse di stare con lui e non con me. Così un giorno suo marito ha chiamato la CAS. Sono però rimasta in contatto con mio fratello. Parlo con mio padre ogni tanto. Ma ora le persone più importanti per me sono il mio ragazzo e sua madre. Ho vissuto sei mesi in strada, in inverno. È stato il periodo più brutto della mia vita – racconta – Terrificante. Ero spaventata, sola. Non sapevo dove andare a dormire, se mi sarei svegliata al mattino».
    La scorsa notte 91 ragazzi hanno trovato riparo tra le quattro mura della Covenant House. Cynthia Kiy lavora con i giovani homeless da vent’anni: «Questo è più di un luogo dove vivere. Cerchiamo di andare incontro ai loro bisogni, di aiutarli a pianificare, a costruire il loro futuro e di farli uscire dallo shelter system. Offriamo sostegno psicologico. Pensano di non essere i benvenuti e hanno perso la fiducia in se stessi. Alcuni ritornano dalle loro famiglie. Tensioni, stress e incomprensioni, anche causate dalla crisi economica spezzano quel filo che li tiene uniti alla famiglia e se ne vanno di casa e cadono nell’homelessness. La famiglia ha un ruolo importantissimo. È la prima cosa su cui lavoriamo. Anche la società ci deve dare una mano. A volte non è semplice – continua Cynthia – Sono arrabbiati, spesso litigano tra di loro, ma non mi sono mai sentita in pericolo. Il Natale, poi, è il momento più bello e più triste al tempo stesso. Alcuni di loro non l’hanno mai festeggiato».

    Data pubblicazione: 2009-01-17
    Indirizzo pagina originale: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=83055

  10. massitutor ha detto:

    Oggi è stato trovato un altro uomo morto di freddo, su una panchina.
    A Brescia.
    C’erano foto ben fatte sul giornale.
    Si vedeva una mano rigida. Fuori dal telo di plastica che lo copriva.
    E’ la diciottesima vittima quest’inverno.
    18 persone sono morte di freddo, in Italia, quest’inverno.
    E io non so cos’altro fare o dire.

  11. anonimo ha detto:

    vediamo domani cosa dicono a palazzo d’ accursio

  12. massitutor ha detto:

    Perché? domani cosa si decide in Comune?
    Ma sì dai! Quante storie… tanto a Bologna ci sono i portici no? Sai che bazza…

Lascia un commento