Quattro anni fa, febbraio, qualcuno mi telefona, in una mattina carica di sole e di neve, e comincia a dire che te ne sei andato via nella notte e che il tuo giovane cuore non ha resistito ai colpi subiti. Che stronzata! No, non poteva essere una fonte attendibile: le voci girano troppo distorte in strada. Poco dopo mi chiamò la segretaria della Cooperativa per dirmi la stessa cosa. Fonte decisamente più attendibile stavolta. Quando poi ho trovato vuoto il tuo letto all’ospedale ho cominciato a realizzare. Ed io per tutta la giornata non ho fatto che cercare di parlare con gente che non sapeva niente di questo, così stavo lì e non lo dicevo a nessuno. Beato della visione di quel mondo che andava avanti senza sapere che tu non eri più qui con noi.
Dopo è arrivato tutto il resto. Ed io ho dovuto accettare che la vita è talmente sorprendente che può prevedere che si possa fermare anche un cuore come il tuo, insieme al vibrare dei tuoi muscoli lunghi e il mistero nelle tue vene e su fino all’intreccio delle tue idee. La spasmodica ricerca di un posto dove stare era finita, come il rifugio dato dagli atteggiamenti, le regole, i ruoli. Basta, fine delle stronzate. La pace.
Solo dopo mi è stato chiaro il mosaico di menzogne e trappole di cui ti eri circondato. Era un labirinto pericolosissimo. Ma la rabbia ha lasciato presto il posto alla compassione per quelle dolci bugie, quei falsi progetti, che altro non sono poi che speranze, sogni, slanci di amore verso il mondo che ti circondava, che però era là fuori, lontano.
La stessa ambivalente sensazione di compassione mescolata alla voglia di prenderti a schiaffi l’ho provata in questi giorni che il ragazzo Beo88 se n’è andato ancora più in fretta, ancora prima e senza salutare. Vi siete incrociati in quel laboratorio in via del Porto: tu stavi andando via e Beo stava iniziando il suo tentativo. E meno male perché insieme non vi si sarebbe tollerati per più di mezzora credo!
Per questo oggi ti regalo lo stesso canto che ho regalato a Beo: è un canto in onore della vostra fretta, delle speranze, dei progetti, delle menzogne e delle trappole che avete armato per voi stessi. Alziamo i bicchieri e brindiamo, anche solo per un momento, a queste imboscate che un po’ tutti tendiamo a noi stessi con la leggerezza di un sorriso stampato in faccia così da avere meno paura. Ecco, lì, braccati dai nostri fantasmi, siamo davvero tutti fratelli.
Massimiliano