Archivio per febbraio, 2008

Il dito o il braccio?

Pubblicato: 29 febbraio 2008 da massitutor in assistenze e bisogni, dormire, lavoro, politica

posto_letoLe risorse son quelle che sono, ogni anno sermpre di meno, e posso assicurare che i servizi non danno "per modo di dire" un aiuto, l’impegno é enorme, sono le esigenze degli utenti, ospiti, o poveri di oggi, che sono diventate una pretesa,  insomma dai un dito ma si pretende un braccio, e questa diventa una situazione di agio. Fino a un anno e mezzo fà la politica delle strutture era quella di concedere un tempo illimitato a tutte le persone senza un tetto, una sorta di riuduzione al danno perenne, ma il risultato finale é stato quello di fossilizzare ancora di più le persone, cazzo !!!..é normale, quando hai un posto caldo, da mangiare e lavarti viene automatico pensare; ma chi me lo fa fare di trovarmi un lavoro?! Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, c’é chi ha bisognoso davvero e si trova in una situazione di disagio, ma c’è chi ci marcia sopra e le pretese sono sempre di più. Adesso, da circa un anno a questa parte la politica dei dormitori, sia per un imposizione del Comune che per decisione delle cooperative sociali é cambiata sostanzialmente: le persone hanno un tempo di permanenza trimestrale rinnovabile mensilmente, gli ospiti possono rimanere per più tempo, ma con un progetto alle spalle, una borsa lavoro, un corso di formazione, un qualcosa che dimostri che la persona sta facendo un piccolo passo per sè stesso.
Un altro aspetto negativo dei dormitori é l’occupazione di posti letto, sottratti "si fa per dire" a persone che ne hanno veramente bisogno, mi spiego meglio; ci sono ragazzi che gli é stato assegnato un posto letto, ma per il fatto che lavorano di notte, molto spesso rientrano alle 7 di mattina per poi uscire alle 8, togliendo la possibilità ad un altra persona di usufruirne. Purtroppo attualmente a Bologna (e questa é una nota a sfavore) esiste solo il Centro Beltrame che, per chi non lo sa é una struttura polifunzionale: dormitorio di primo e secondo livello, servizio sociale adulti, drop in e lista unica. Personalmente se avessi soldi da investire oppure l’autorità di suggerire al Comune ed avere voce in capitolo, investirei in questo senso: cioé, un altro "Beltrame!", o un semplice posto dove può riposare chi lavora di notte, che ormai sono la maggior parte. Parecchi di questi lavoratori sono Somali oh Eritrei e il lavoro di facchinaggio notturno sappiamo essere un accesso più facile al mondo del lavoro.
Si parla tanto di degrado, di persone che bivaccano negli angoli piu nascosti della City, ma di concreto per risolvere questo problema non vedo niente, sembra che il Comune sia troppo impegnato a far sgomberare i collettivi autonomi come il crash o altri centri sociali autogestiti. Fanno i dispetti, sgomberano e parlano, sgomberano e riparlano, un gran vociferare ma stringi stringi(?!?), comincia a metterci qualche letto in uno dei tanti capannoni vuoti o appena sgomberati, avremmo sicuramente più gente protetta e meno per strada, si comincia cosi, é iniziato cosi anche il Caracci, e il Sabatucci pensa un pò, negli Anni 80 era di legno.
Comunque tutto questo degrado non lo vedo, se svaccarsi per terra a far ballotta a bere qualcosa e far 2 spini lo vogliamo chiamare cosi…va bene, ma non spaccate i maroni. In piazza verdi, come in Santo Stefano il 90% dei ragazzi sono studenti, ci sono sempre stati e ci saranno sempre; come mai 15\20 anni fà non si parlava di degrado, ma di risorse che venivano da fuori? Gli studenti sono il pane di Bologna, quindi vanno tutelati non dargli addosso, perche se per caso dovessero avere un cane, cosa sono punkabbestia? Ormai la gente da addoso ai senzatetto, barboni o chiamali come vuoi, puntano il dito contro gli immigrati, ma non vogliono sentirsi razzisti. Questo non é degrado ma intolleranza.

Massitutor Docet

Pubblicato: 28 febbraio 2008 da massitutor in asfalto fuoriporta, gite, lavoro

Aspettando Naufragi, il festival bolognese delle fragilità metropolitane, domani Massitutor andrà ad Ostia ad un seminario organizzato dall’Associazione Amici di Flavio Cocanari e dal Comune di Roma (XIII Municipio) sul tema:

"Per l’avvio di percorsi di inclusione sociale e lavorativa delle persone senza fissa dimora."
 
Sala Biblioteca Comunale Elsa Morante

Esordirà piu o meno così (l’intervento è di 20 pagine):
 
La Cooperativa La Strada è nata per la promozione dell’autonomia e
dell’integrazione socio-lavorativa di persone senza dimora e in condizioni di disagio sociale. I primi destinatari dell’azione sono gli stessi soci e lavoratori, rappresentati prevalentemente da persone che sperimentano, o hanno sperimentato, percorsi di vita di strada. In questo senso, il mutuo-aiuto rappresenta un principio cardine alla base del patto tra i soci, innervando, al tempo stesso, la vita quotidiana dell’organizzazione. Attuando un’estrema semplificazione, si può affermare che nello stesso modo in cui agli inizi del ‘900 gruppi di cittadini uniti da un comune bisogno si associavano a cooperative di consumo, di lavoro o edilizie volte a tutelarli dai meccanismi speculativi di mercato, così persone a rischio di emarginazione sociale si associano alla Cooperativa per migliorare le proprie condizioni di vita, attraverso la pratica della mutualità.
La Cooperativa è attualmente costituita da 50 lavoratori, di cui l’80% provenienti da esperienze di disagio e povertà. La base occupazionale risulta infatti composta da 18 persone tossicodipendenti, 19 in condizioni di disagio sociale, 2 disabili, 1 alcolista e 10 provenienti da percorsi di vita maggiormente tradizionali. Il 30% dei lavoratori è rappresentato da donne; l’età spazia dai 27 ai 65 anni, mentre l’età media risulta pari a 43 anni. Il Consiglio di Amministrazione è costituito da 7 lavoratori, di cui 3 donne e 4 uomini, 3 persone non disagiate e 4 provenienti da percorsi di vita di strada.
Il principale strumento adoperato per promuovere l’autonomia e l’integrazione socio-lavorativa è, ovviamente, il lavoro.
Lavorare in Cooperativa La Strada, dunque, non significa esclusivamente ottenere un’occupazione, assume invece per la persona una molteplicità di valenze che non possono essere considerate disgiuntamente. Significa,

  • In primo luogo, poter contare su un reddito che permetta di superare la soglia economica della sopravvivenza, emancipandosi dai precari lavori di strada e dalla beneficenza pubblica e privata.

     

  • In secondo luogo, consente di acquisire un ruolo, quello di lavoratore, socialmente riconosciuto, facilitando quindi, nel contempo, il sentirsi parte attiva di una collettività.
     
  • In terzo luogo, la garanzia di continuità occupazionale permette di guardare al futuro con una maggiore tranquillità e sicurezza, superando la necessità di arrangiarsi nella precarietà giorno per giorno.
     
  • In quarto luogo, l’impegno quotidiano richiesto consente, da un lato, di relativizzare l’importanza e l’influenza all’interno della propria vita di eventuali dipendenze e, dall’altro, stimola la riscoperta e lo sviluppo delle competenze, in un contesto che contempla la possibilità di sbagliare, favorendo l’autostima e la consapevolezza di sé.
Infine, lavorare in Cooperativa significa anche, e soprattutto, assumersi l’impegno e la responsabilità di partecipare attivamente, in base alle proprie capacità, al governo di un’impresa comune ed affermare la propria dignità ed il proprio diritto ad esistere e a lavorare a prescindere dai percorsi di vita intrapresi. In altri termini, si può affermare che lavorare in Cooperativa rappresenta per persone a rischio di emarginazione un passaggio essenziale nel riconoscimento del diritto alla casa, al lavoro e alla socialità, permettendo loro di divenire, da oggetto di politiche assistenziali, soggetti attivi, di trasformarsi da "semplici" utenti a lavoratori e cittadini ecc. ecc…
Ed ora Vox popoli vox Dei, si accettano anche vignette, armonizzazioni, sberleffi e incoraggiamenti.

Iene di Strada – Massitutor

Pubblicato: 25 febbraio 2008 da massitutor in laboratorio, operatori dispari, tele asfalto

C'è un solo capitanoRiprende la serie di interviste Iene di strada con Massi. Tutor del laboratorio di via del Porto, socio di Coop La Strada, fondatore e moderatore di Asfalto. Si sbatte quasi sempre al Centro diurno, ma lo potete seguire (non inseguire) anche qui, qui e qui.

il tuo amore

Pubblicato: 23 febbraio 2008 da massitutor in Uncategorized

tuo_amoreDi solo amore
capirai la storia
una medaglia
onore alla memoria

poi,la guerra finisce
e ricomincia
la vita e l’amore
il tuo amore
il tuo amore

nel prato nasce un fiore
pronto per essere raccolto
e dato come dono d’amore

in un sereno immenso
di luci di primavera
quando le foglie guardano il sole
e tutto rinasce

per gli orsi
il letargo finisce
e ora d’amore
e ora d’amore
il tuo amore
il tuo amore

il sole si fa forte
e riscalda
mentre chi corre
e chi gioca nell’aria
il risveglio
di una nuova primavera
che su questa
città risplende

il tuo amore
che sale dal cuore
e trasmette tutto quello che
vorreti dire a lei
ma poi entri in quell’
odissea che piace
con tanti piccoli baci
e poi e poi e poi

quanti saranno
ancora i giorni
che passeremo insieme
il tuo amore
cavallerescamente
il tuo amore.

La vita è un cantiere

Pubblicato: 22 febbraio 2008 da massitutor in la vita è un cantiere, viaggio
Tutti i post che il nostro Giovanni (detto Gianni e rinominato qui Selvaggio63) metterà nella betoniera di questa nuova rubrica saranno tesi a dimostrare questa semplice ipotesi: la vita è un cantiere. Perchè la vita sarebbe un cantiere? Perchè ci vuole un progetto prima di iniziare a costruire; poi ci vuole tempo e pazienza in un cantiere, sia per costruire che per demolire; due attività ugualmente importanti, nel cantiere come nella vita. Nel cantiere ci sono tanti oggetti, strumenti, materiali e soprattutto ci sono gli altri: in un cantiere non si è mai soli, nel bene e nel male come nella vita; qualunque progetto o lavoro va condiviso con gli altri e spesso questo è motivo di conflitto. I materiali della vita sono le relazioni, gli aiuti, le strategie, le idee e tanto altro. Insomma se ci pensate il cantiere edile viene spesso preso ad esempio e porta con se delle metafore sulla vita e sui comportamenti umani che sono quasi naturali: si pensi solo all’importanza delle fondamenta, poi si dice Mai costruire sulla sabbia; Non si comincia a costruire dal tetto e via dicendo. Ci si potrebbe chiedere: Ok e uno che si fa chiamare Selvaggio a che titolo parla di tutto ciò? Si da il caso che Gianni di strada ne ha fatta tanta, ha fatto tanti lavori dove bisognava usare mani e cervello, è stato un grande viaggiatore, un cacciatore, un pescatore. Insomma una specie di Indiana Jones di strada.. E’ quindi un esperto di cantieri e un esperto di vita. La vita è un cantiere e se non siete d’accordo fatevi sotto.

verso la Spagna

Il Matrimonio

Il matrimonio è una pietra di questo edificio molto importante, poi se questo passo è fatto da ragazzi molto giovani, Gianni e Vittoria questi sono i nostri interpreti. Tutto parte con tutta la prassi iscrizione alla lista nozze in comune di residenza il tempo di affissione è di 20 giorni, poi il fatidico giorno. Io, Gianni e Vittoria nell’anticamera del sindaco, come si sa l’abbigliamento dovrebbe essere abbastanza elegante invece io e la mia futura moglie: io in tuta da lavoro classica da metalmeccanico, Vittoria in tuta da ginnastica da cui si capisce che dei gran soldi… pochi o niente. Siamo seduti in questa anticamera, a un certo punto si affaccia un signore da un ufficio e guarda a desta e sinistra e rientra in ufficio, la cosa si ripete per qualche volta, dopo si avvicina verso noi, esclama “sto aspettando una coppia di futuri sposi ma non li vedo” a sto punto io mi alzo e chiedo qual è il nome di questa coppia, lui rispose con i nostri nomi, io dissi siamo noi due e rispettivi testimoni , lui fece una faccia vedendo in quel ‘abbigliamento. Premetto che io ero in permesso dall’officina e la Vittoria doveva andare in una fabbrica di calzature per una traduzione in lingua. La cerimonia prosegui con firma documenti, scambio delle fedi nuziali, bacio della sposa. All’uscita dal comune andammo nel primo bar per bevuta di auspicio. Ovviamente dopo un matrimonio così la luna di miele fu rimandata a bensì 3 anni dopo in un viaggio in Spagna. All’inizio del nostro matrimonio all’incirca i primi mesi abbiamo vissuto ognuno a casa dei propri genitori, fin quando successe che mio zio cambiò il camper, un bellissimo ford transit superaccessoriato: completo di servizi igenici e doccia all’interno. Così con un colpo solo avevamo un mezzo e casa (nido d’ amore). La prima fatica è stata il varcare la soglia di entrata con mia moglie Vittoria in braccio difatti facemmo una caduta per fortuna senza causare rottura di nessuna ossa di ambedue. Dopo qualche settimana decidemmo finalmente di partire per la luna di miele destinazione la Spagna. Il nostro programma era di stare in giro per la Spagna più o meno una ventina di giorni e invece ci siamo stati la bellezza di centoventi giorni.

Questioni di Stile

Pubblicato: 20 febbraio 2008 da massitutor in assistenze e bisogni

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Argomento difficile quello dei cosiddetti "punkabestia". Da ogni punto di vista, anche dalla strada. E lo è ancora di più quando un fatto di cronaca coinvolge qualcuno che si conosce, ma penso che sia giusto parlarne qui, ora. Se non altro perchè non parlarne mi sembra un inutile gesto di ipocrisia, soprattutto perchè è un fatto che ci tocca da vicino ed è un argomento sul quale credo noi abbiamo il pieno diritto di esprimere un’opinione, un punto di vista. Siccome tempo fa ne abbiamo parlato al gruppo del martedì ho pensato che fosse il momento giusto di riportare la discussione anche qui.

La cronaca a braccio. Tempo fa il cane di un altro punkabestia aveva ucciso a morsi il barboncino di una signora. Tempo dopo un ragazzo genovese dormiva, col proprio cane, per terra davanti ad un garage di proprietà di una signora che, protestando per il bivacco in qualche modo viene aggredita dal cane. Niente di grave per fortuna, ma molta paura. Arriva la polizia, la tensione aumenta, il cane ha paura e fa paura, la tensione sale ancora e parte un colpo di pistola che ferisce il cane. Ora stanno tutti bene. Tanto più che la faccenda non è ancora chiara del tutto: ci saranno sviluppi processuali. Tant’è che mentre scrivo queste righe il nostro amico punkabestia irrompe a sorpresa nel laboratorio e, visibilmente entusiasta per la libertà ritrovata, parla forte e veloce e ci dice che ci sarà un seguito, che le cose stanno in un modo un po’ diverso da come è stato detto. Chi vuole seguire la faccenda lo potrà fare seguendo i quotidiani cittadini (se ne parleranno), qui la cronaca ci serve solo come pretesto. Fatto sta che questi fatti hanno portato il fenomeno punkabestia in cima all’agenda politica del Comune. Un po’ com’era stato con i lavavetri, ricordate?

Quello che si dice. Da tempo a Bologna si parla di questo "fenomeno" dei punkabestia: giovani capelloni col cane, scappati di casa per venire a bivaccare qui in cerca di rave, spiccioli. Il tutto rimanendo il più possibile lontano dal lavoro e dal sapone.

Quello che si è fatto. Ordinanze anti-bivacco; "militarizzazione" di Piazza Verdi; riduzione del danno; apertura (a tempo determinato e ormai scaduto) dell’Isola che non c’è, in via dell’Industria: dove la popolazione punkabestia è stata invitata a vivere lì per qualche tempo. Qualcuno ha cercato di fare della riduzione del danno: con laboratori di fotografia, di scrittura con questi nuovi "punk". C’è chi dice che è andata bene, c’è chi dice che è andata male. Opinioni storiche.

Gli interrogativi. Sono tanti e sempre gli stessi: Lo fanno per scelta? Hanno una famiglia? Sono dei "barboni" oppure no? Sono da mettere in una riserva o è possibile pensare ad una convivenza nel tessuto sociale della città? Ancora una volta dunque ci troviamo a confrontarci nei territori di confine fra accoglienza, degrado, sicurezza e convivenza.

Quello che si sa. Poco. Le leggende metropolitane fioriscono come funghi e il fatto che il punkabestia vive così, a quanto pare, per scelta fornisce un alibi a chi invece dovrebbe cercare di capire questo fenomeno. Ed ognuno gira la testa e torna ad occuparsi della propria conosciuta e codificata realtà.

Quello che non si sa. Tanto. La confusione dilaga e gli operatori sociali, i politici, gli amministratori, gli accademici rischiano di etichettare senza realmente comprendere. E’ un punkabestia…ci siamo capiti no? Come se con quella parola si potesse capire tutto. Mentre probabilmente dietro a quello "stile" (sì, stile) si nasconde una richiesta di attenzione, di aiuto, di difficoltà a stare al passo con questa società. Un po’ come tanti di noi del resto.

La realtà? Rimane là fuori, come sempre. Qui possiamo provare solamente a chiarirci un po’ le idee sulle nostre idee e sulle nostre rappresentazioni.

Ps.
foto ideata da carlomontres e realizzata da Anderlet

Povera Patria

Pubblicato: 18 febbraio 2008 da massitutor in musica, politica, tele asfalto

Gianni esegue Povera patria, di Franco Battiato. Una canzone per iniziare la settimana e che ci mette nel giusto stato d’animo per affrontare la prossima campagna elettorale. Nei lunghi mesi in cui ci ritroveremo la casta dei nostri politici in ogni pagina di giornale, in ogni trasmissione radio-televisiva, fino nei sogni o incubi. A meno che… non spegnate la televisione e cliccate su Asfalto.

LIVE in VIADELPORTO

L'isola che c'è

Pubblicato: 16 febbraio 2008 da massitutor in Uncategorized

Isola_montecristoArriva il vento
passa il tempo
sorge il sole
nasce l’amore
ti entra nel cuore
cambia la vita

ora ti piace
l’orrizzonte lontano
e lui che ti prende la mano
per portarti via
in un viaggio d’amore
sull’isola che c’è
sull’isola che c’è

pochi alberi
e forse un unico
ruscello un grande amore
che a piccoli passi
raggiunge il centro

sino alla croce ormai
arruginita dal tempo
per poi ridiscendere
e costruire il nostro
nido d’amore
mischiati al rumore
delle onde un poco
più distanti

con un unica speranza
il nostro amore
quel che serve
per ricominciare

da quell’isola
che c’è
e c’è sempre stata

e se per un attimo
abbiam perso quel
che serve alla vita
ora l’abbiam ritrovato
felici di noi e del
nostro amore

Blogger: massi9

…ok!! Continuiamo il nostro viaggio nelle città principali d’Italia per quanto riguarda il “piano freddo”, anche se in forte ritardo, siamo alla volta di Torino.
Con la brutta stagione e l’abbassarsi delle temperature, l’Amministrazione comunale  programma l’accoglienza di persone a rischio, avvalendosi della collaborazione del personale della Croce Rossa Italiana, del corpo di soccorso dell’Ordine di Malta, dei volontari di Aizo, Opera Nomadi e Associazione Mamre. Sulla base dell’esperienza degli anni passati è stata riorganizzata al campo di Basse di Stura  fino ad aprile, mentre è gia partito l’allestimento dal 26 Novembre, fino a fine Marzo, di altri due punti di accoglienza straordinari, attrezzati con servizi igienici e container riscaldati per l’ospitalità notturna, situato al parco della Pellerina e nello spazio adiacente alla piscina della Colletta, per un totale di 192 persone dove gli ospiti potranno accedere dalle ore 20:00 alle 8:00 del mattino.
Operatori della Protezione Civile, una trentina tra tecnici e elettricisti hanno installato su pilastri di cemento 16 container, destinati all’accoglienza notturna, oltre a passare la notte e ricevere un pasto caldo e bevande di vario genere, agli ospitati verrà consegnato un buono doccia da poter usare in uno dei bagni pubblici della città. Due container saranno adibiti a bagni con lavandini, mentre l’altro diventerà un ufficio dove operatori della Croce Rossa Italiana durante la notte registreranno le richieste d’ingresso, stessa cosa al parco della Pellegrina, tutti e due i complessi sono accuratamente recintati. Altri 10 nuclei familiari Rom, Sinti e Camminanti (massimo 50 persone) provvisti di loro camper o roulotte saranno accolti per un periodo non superiore a tre mesi nello stesso campo di Basse di Stura. Nelle piazzole vi saranno attacchi a luce e acqua.
L’A.S.L 1 ha partecipato attivamente e “sul campo” fin dal’99 al progetto di integrazione sociosanitaria per sostenere i cittadini ai margini, i cosiddetti homless, dando non solo un posto letto, ma anche assistenza medica e psicologica. Il progetto nel tempo si è ampliato, e grazie anche all’aiuto di altre associazioni è notevolmente migliorato. “Per i nostri operatori impegnati nel progetto, si è trattato di un’esperienza unica, non soltanto da un punto di vista professionale, ma anche umano, perché ha permesso loro di aiutare personalmente persone emarginate, abbandonate e sole”.
Per accedere a questi servizi, basta andare ai giardini pubblici di Porta Nuova, la Stazione e gli angoli delle strade sono diventati le sedi “improvvisate” dei sanitari del Sert dell’Asl 1, che hanno avvicinato queste persone in difficoltà, indirizzandole verso i servizi di cui avevano bisogno.
Questo è quanto raccolto e raccontato con parole nostre, anche avvalendoci di alcuni dati trovati su internet, e altri inviateci dall’ufficio stampa dell’assessorato, per quanto riguarda il “piano freddo, ci sembra giusto fare una panoramica delle strutture funzionanti tutto l’anno. Diciamo che i servizi sono suddivisi sostanzialmente in 2 modi; “Servizi a Bassa Soglia”, tutti quei servizi e quelle strutture il cui accesso è il più possibile immediato e facilitato e non richiede nessuna formalità: case di ospitalità notturna, educativa territoriale diurna, servizio itinerante notturno (Boa Urbana Mobile) ambulatorio socio sanitario, strutture di ospitalità e mense in convenzione con il volontariato cittadino, buoni docce. “Servizi di Primo e Secondo livello” tutti quei servizi e quelle strutture il cui accesso è comunque mediato da un percorso progettuale (le case di ospitalità sono completamente gratuite, gli alloggi di risocializzazione; gli utenti contribuiscono con una cifra a seconda il reddito dell’ospite, e per le convivenze guidate gli utenti danno un contributo di 35.50 euro al mese). Sempre raccogliendo informazioni e dati su internet, abbiamo costatato che la città offre otto dormitori, cinque misti, uno per uomini, e due per sole donne, quasi tutti con una capienza tra i 15 e i 25 posti letto, per un totale di 155, con la possibilità di aggiungere 50 posti per l’inverno, che si vanno a sommare agli altri 192 del piano freddo.
Che cosa è il servizio:
BOA URBANA MOBILE
Il Servizio è attivo tutto l’anno dalle ore 20.00 alle ore 1.00 ed ha la funzione di entrare in contatto con quelle persone che vivono in situazione di emarginazione grave e che non hanno potuto reperire alcuna sistemazione per la notte. Muovendosi per il territorio cittadino in orario notturno il servizio raggiunge l’utenza target presso il luogo di stanzialità offrendo: generi alimentari di primo conforto come bevande calde e coperte, opportunità di relazione e di dialogo ed accompagnamento presso le strutture di accoglienza notturna, secondo la disponibilità e le caratteristiche dei posti riservati per tale servizio (i cosiddetti “posti di emergenza” o “posti BOA”).
Il servizio presta particolare attenzione alle persone in situazioni critiche che rifiutino il posto letto e a coloro che per incapacità o condizioni di salute psicofisiche compromesse possono rischiare la propria vita: per  soccorrere  le persone in situazione di grave disagio vengono contattati i  servizi di emergenza.
Inoltre esiste la possibilita di accedere ai servizi anche attraverso un Call Center, qualora non ci fosse la immediata possibilità per la notte, l’utente sarà iscritto ad una lista di attesa gestita dallo stesso Call Center.
In conclusione, sulla base della mia esperienza fatta l’anno scorso in visita a Torino proprio in occasione dell’apertura di un nuovo dormitorio, ho potuto notare una sostanziale differenza.
A Bologna ci sono 5 dormitori con una media 50 posti letto, a Torino sono 8 con la media di 24 posti. A mio modo di vedere, penso sia più gestibile la situazione di Torino, dove, essendoci edifici che contengono meno persone è meno facile che si formi il cosidetto ghetto.

Ho chiesto aiuto

Pubblicato: 14 febbraio 2008 da massitutor in assistenti sociali, assistenze e bisogni, comunità

mani_help

La prima volta che ho chiesto aiuto ad un servizio è stato molto tempo fa, al mio sert della città in cui sono nato, a Formia, è stato un aiuto a livello di un mio particolare momento in cui facevo un uso esagerato di sostanze stupefacenti, e dopo una diffidenza iniziale è cominciato il contatto con il mio Sert, per un invio in una comunità a Reggio Emilia.
Poi è continuato a Bologna dove mi sono trasferito dopo circa qualche anno, e essendo una realtà quella di Bologna più grande, più grande era la diffidenza nei riguardi dei servizi, e i primi tempi preferivo spacciare e dormire per strada. Visto che alla lunga paghi lo scotto di questo tipo di vita, mi sono avvicinato gradualmente all’unità mobile, che agli inizi per me era solo un distributore di metadone, poi i rapporti con gli operatori dell’unità mobile si sono approfonditi, facevo dei colloqui periodici con loro, e per un periodo che sono stato messo fuori dal dormitorio ho usufruito anche di un pronto soccorso sociale. Io penso che l’aiuto chiesto nella giusta misura, là dove serve non è superfluo: non ha senso essere dipendenti dai servizi, perchè secondo me i servizi devono essere quel trampolino di lancio verso un inserimento nella società, per chi ha vissuto e chi viene dai margini della stessa, un ponte verso un autonomia per troppo tempo stata coperta da una vita in emarginazione, la spinta necessaria, e indispensabile. Ognuno di noi in base alle sue capacità e disponibilità può dare qualcosa agli altri, non solo dando grosse somme di denaro in beneficenza, oppure facendo tre miliardi di ore di volontariato, ma semplicemente vivendo nel rispetto, da persone civili, e di questi tempi trovare persone così e molto difficile, le cosidette mosche bianche.
Io da parte mia non sono impegnato nel sociale, e sinceramente parlando non saprei nemmeno da dove cominciare, aiutare il prossimo non è facile, richiede impegno sacrificio costante e un dispendio di energie immenso. Io ho sempre tirato i remi in barca e ho preferito filare dritto per la mia strada, preso dal mio individualismo, che comunque la vita di strada ti porta ad avere. L’aiuto che ho dato io a qualcuno che ho dato quando ero per strada è stato dargli del denaro, ma mi è sembrata la cosa più immediata in quel momento, e qualche volta ho dato il numero e l’indirizzo di qualche dormitorio a chi me lo chiedeva per strada, ripeto aiutare non’è facile, per me che sono sempre stato dalla parte di chiedeva una mano. Cos’è cambiato in me in questi anni di strada? è comunque una consapevolezza di una realtà più dura rispetto a quelle che normalmente gli altri sono abituati a vedere, una sorta di maturità non acquisita sui banchi ma per strada, e d’altra parte solo per strada, puoi conoscere e toccare con mano certe verità, e tutto ciò ti aiuta inevivitabilmente a cambiare, non del tutto, ma comunque tutto ciò non ti rimane indifferente.