Tratto da “Diario di un operatore di merda” di DiegoDag
Un ottimo modo per decomprimere è passare un weekend a casa di un amico.
Aldo è convinto di avere fatto una scoperta fondamentale nel campo della psiconautica.
Vive anche lui in un posto sulle montagne circostanti dimenticato da dio, più lontano ancora di me, di quei posti dove ci sono insetti stronzi ovunque, insetti che in città non immagineresti mai di vedere, tipo libellule con le corna, mosche a quattro ali, coleotteri con la coda di scorpione, zanzare con le ventose, rinoceronti volanti.
Un giorno gli casca una farfallina dentro ad un bicchiere di vino.
Non che fosse la prima volta, dato il posto, se non che a questo giro per un qualche motivo, vuoi per pigrizia vuoi perchè in quel momento non gli va di pastrocciare con un dito nel bicchiere; fatto sta che si beve la farfallina. Tipo una tarma. Dopo dieci minuti inizia a salirgli un trip. Cioè, sa di non aver calato un cazzo, è lì da solo, quindi nessuno può avergli fatto una sorpresa, ma va lo stesso ed improvvisamente in acido.
Fra il terzo e quarto picco analizza mentalmente l’ultima cosa materialmente ingerita negli ultimi quindici/trenta minuti prima di calarsi in un mondo di dragoni, luci viola e campanelle tintinnanti per circa un paio d’ore.
Analizza così il ricordo della farfallina agonizzante e totalmente ubriaca che agita ali ormai mortalmente sfrangiate in un mare di alcool rosso sangue, la cui ultima visione sfaccettata dev’essere per forza stata una bocca ciclopica che la ingeriva.
Così adesso dopo cena, con la luce di una lampadina che attira ogni tipo di insetto dotato di ali nelle vicinanze Aldo comincia la ricerca della farfallina magica, ne trova una quindicina.
A prima vista non hanno nulla di diverso da milioni di altre farfalline notturne, alla seconda pure, probabilmente è per questo che fino ad ora non sono mai state scoperte. Me ne butta un paio dentro al bicchiere e mi dice di bere. Penso sia una gran cazzata. E in effetti non fanno un cazzo. Il discorso sulla farfallina era iniziato quando avevo detto ad Aldo che avevo una boccetta da dieci pippate di Salvia Divinorum potenziata a 15X.
Aldo è uno di quelli che se sei andato ad una festa lui è andato ad un party esclusivo dove c’era Gabriele Salvatores che rullava canne a mitraglia per tutti, se ti sei miseramente scopato una figa lui la sera prima si è fatto un bukkake party con due mature ladies e un travone trendy di passaggio, se ti sei pippato di coca lui ha appena avuto la bazza da un amico del nipote di Carlos Pappalardo che la vende (solo agli amici) al 90%, così quando gli parlo della Salvia lui tira fuori la farfallina, vabbè.
C’è da dire che Aldo, con cui ci si conosce fin da bambini, porta una sana ventata di normalità e conformismo fighetto che mi permettono per almeno un paio di giorni di sentirmi lontano anni luce dai mostri opprimenti che popolano la maggior parte della mia vita e del mondo buio che frequento.
Adesso però arriva il momento delle cose serie.
Carico il bong con una quantità talmente infima di sostanza che pure a me verrebbero dei dubbi se non l’avessi già provata la settimana prima.
La Salvia Divinorum per dare il meglio di sé ha bisogno di essere bruciata, e di conseguenza fumata, ad alte temperature, tipo che se te la rulli come fosse una canna non fa un cazzo. Devi fumarla in un bong o in una pipetta, e tirare, per farla bruciare al massimo, e tenere il fumo
dentro…
per…
tutto…
il …
tempo…
che…
puoi…
…arriva il Magnete, quella forza che inevitabilmente ogni volta ti tira per terra, schiacciandoti, torcendoti, liquefacendoti, facendoti filtrare dentro al terreno come acqua da un annaffiatoio, il parquet è carta vetrata, bagnata, ma pur sempre carta vetrata.
Non sono più vero. Brancolo in mezzo a specchi frammentati, ogni sguardo un fotogramma che si fissa su una scia, non c’è paura quaggiù, la paura fa parte del carnet di sensazioni di un mondo che ormai è andato lontano, troppo lontano; qui c’è solo stupore e divertimento infantile e demente, ci sono delle botti disegnate che mi corrono tutto attorno, è tutto un fumetto rassicurante e buono, un gigantesco orto dentro al quale rotolo e rido divertito rivolto al mio spirito guida che intanto si è materializzato: una faccia demenziale di pupazzo di carta che sghignazza sgangheratamente e agita manine frenetiche sopra di me.
Dicono che la Salvia venisse usata dagli indios proprio per avvicinarsi ai propri spiriti guida; beh, se questo che ho trovato è il mio allora sono a posto.
Non si dovrebbe mai fumare la Salvia senza qualcuno che rimanga lucido per seguirti giacchè per quei dieci minuti perdi totalmente lucidità, controllo e senso della realtà, puoi farti molto male insomma; dentro al mio delirio l’unica cosa di reale che sento è Aldo urlare, realizzo così che non ha atteso la fine del mio viaggio ma mi ha seguito subito dopo fumando avidamente la sua pippata; il problema è che non ti accorgi di un cazzo e ora siamo più indifesi di due cuccioli di foca all’apertura della stagione di caccia.
Si deve essere trascinato fino alla cucina, infatti pur perso nel mio delirio riesco a percepire il fracasso che può fare esattamente uno che si trascina a terra una tovaglia con tutto ciò che sopra vi può essere apparecchiato, tipo piatti e bicchieri, e lo sento urlare: “ No! Il cane NO!”, il fatto è che non c’è nessun cane.
Io invece sono rotolato verso il camino, fortunatamente spento, interamente circondato da aeroplanini di carta trasparente e di alluminio, con la mia fedele faccia di carta sghignazzante e a tener banco sospesa sopra la mia testa; totalmente fuori controllo rido, rido, rido, sentire gli spilli su ogni micron quadrato di pelle che forano braccia e gambe ormai rese totalmente spastiche e assistere allo spettacolo del cocchio trainato da cavalli con sopra il ciccione con lunghi capelli bianchi che passa sopra di me come fossi steso fra due binari mi fa squassare di divertimento folle perchè il pensiero è: “Tutto qua Dio?”.
I dieci secondi successivi all’uscita dal viaggio sono pazzeschi, così come tutto il trip e l’entrata in esso sono velocissimi, così anche l’uscita è immediata. Se in una f
razione di secondo ti ritrovi dentro ad un sogno ad occhi aperti in un’altra frazione ne esci, dopo circa dieci minuti di folle corsa dentro ad un luna park sensoriale ed umido.
La stessa sensazione che si prova quando ci si risveglia nel cuore della notte in una stanza che non è la tua, semplicemente non sai dove sei, la prima cosa che cominci a ricordare è chi sei.
Sono fradicio di sudore, ecco cos’era quella sensazione di bagnato costante, soprattutto ai piedi, mi sembra di averli immersi in una pozza, infatti i calzini sono da strizzare. Aldo non è ancora uscito dal suo viaggio, è lì per terra, immobile, aggrovigliato in una posizione da storpio, che mi guarda torvo senza dire una parola, con tutta probabilità sta cercando di entrare nella mia mente.
Sto lì, improvvisamente ovattato da una calma irreale a guardarlo venirne fuori, disteso di fronte a lui con la testa appoggiata su una mano, voglio sentire quale sarà la sua prima parola.
Dopo un minuto si rizza lentamente a sedere, allarga le braccia e se ne sta così un po’, a guardarsi le mani, prima una, poi l’altra, poi di nuovo la destra e poi la sinistra, sembra un uovo, o un’arachide, con le braccine e tutto, la prima cosa che biascica è: “cazzo”.
Poi mi chiede dove siamo ed infine cosa gli ho fatto fumare.
Quasi mi getta le braccia al collo dalla gratitudine, spero non sia diventato frocio, ma la Salvia fa così, ti lascia una specie di feedback positivo che può durare anche una settimana, dovuto più che altro alla sensazione che permane di ricordo vivido dello spiraglio aperto su quel mondo folle e disegnato.
Mi racconta fomentatissimo di un viaggio tutto fatto di figure geometriche (“cazzo amico, c’erano coni dappertutto, una roba pazzesca”), prova ad azzardare che ci sia stata una specie di interazione fra la Salvia e la farfallina ma io provvedo a spiegargli che no, la Salvia fa così di suo, nessuna interazione.
Probabilmente non era la farfallina giusta.
Magari è un modello che si confonde bene con le altre, o forse quella che fa è solo il maschio o la femmina, posto che le farfalle abbiano i sessi differenziati; fatto sta che lui quella sera era veramente andato in trip, e io comunque gli credo, sarà per la prossima volta, così ci si fa un’altra pippata di Salvia e un nuovo tour a Psico Paperopoli.
Il secondo giro è ancor più devastante del primo, me ne vado in un posto con degli uomini di legno, ma la cosa veramente strana è che ricompare faccia di pupazzo ghignante a tener banco. Ormai ho la ragionevole certezza che dovrò tenermi quest’affare qui come spirito guida, pazienza, ognuno ha la sua croce e a me poteva capitare anche di peggio…