Prosegue il racconto di una vita che scivola verso la strada: è Alkoliker, il diario in forma di romanzo del nostro amico Stefano "Bici" Bruccoleri.
Nel post precedente lo avevamo lasciato alle prese con uno sfratto esecutivo dopo aver scoperto la solitudine, l’abbandono, la malattia. Queste le sue parole: "Nell’arco di quattordici mesi ho perso madre e padre di tumore, un fratello di overdose, scoperto di essere sieropositivo, perso casa lavoro e visto sfumare una relazione.
Una sola di queste cose in passato mi avrebbe piegato le ginocchia, tutte insieme hanno migliorato la mia vita."
Avvertenze: contiene un dosaggio elevato di vita allo stato puro, aprire con cura. Massitutor
venerdì, 24 settembre 2004
Caro diario, i miei Cd 4 si sono alzati e la carica virale si è abbassata, questo lo definirei un sollievo.
Al medico infettivologo ho fatto l’unica domanda che avrei dovuto tenere per me, e cioè quale prospettiva e qualità della vita mi attendono. La risposta è arrivata come una spietata condanna “Una decina di anni, sig. Bruccoleri, e non tanto per l’HIV ma quanto per la combinazione con l’epatite C di cui noi medici non sappiamo ancora molto. Negli ultimi anni le terapie farmacologiche per l’HIV invece sono divenute di facile assunzione e con una percentuale di sopravvivenza non immaginabili solo fino a dieci anni fa, siamo lontani dalla guarigione e dal vaccino, ma la qualità della vita dei malati sieropositivi è nettamente migliorata. Diciamo che conducono una vita normale, con la sola differenza che devono assumere la terapia farmacologica per tutta la vita e fare controlli regolari cercando ovviamente di non strapazzare l’organismo con sostanze stupefacenti e soprattutto alcol”
Cazzo dieci anni possono essere tanti, o un alito di tempo.
Dieci anni! Dieci anni! No sto sognando! Non può essere capitato proprio a me. No, no no. Adesso mi sveglio, strizzo gli occhi come facevo da bambino per risvegliarmi dai brutti sogni e mi ritrovo nel letto, magari spaventato a morte e sano. Andrebbe bene anche risvegliarmi in un letto d’ospedale uscito dal coma dopo un incidente stradale.
Nulla. Sono già sveglio.
Merda.
Traccio una linea come quando si fanno i conti della serva, foglio di carta e penna in mano, gli spiccioli sulla tavola per capire quello che posso ancora fare. In attivo metto il fatto di non dover cominciare la terapia. Il passivo già lo conosco.
Birra Birra, adesso ci vuole una Birra.
Birra fino a raggiungere l’assenza della coscienza.
Viaggio nell’incredulità, la percezione di quello che mi sta accadendo mi allontana dalla realtà conosciuta fino ad oggi. E’ la follia della percezione, il concetto della morte, della fine ultima e inappellabile non si era mai presentata con una percezione fisica così netta, limpida assoluta. No non ci posso credere, Cristo Madonna.
Poi, altre volte penso di essere assolutamente sano e quello che mi sta accadendo sia frutto del declino delle mie facoltà, della scarsa o assoluta capacità di leggere la realtà, dunque malato in questa condizione irreale e immune dall’AIDS ma folle nel mondo reale. Non so cosa sia peggio.
Sono momenti in cui cerco di ancorarmi almeno a una delle due realtà, quantomeno per semplificare. Esplodo, birra birra, eroina birra, merda, birra e assenza.
11 novembre 2004
Questa mattina è arrivata la lettera dell’Inps per liquidare la mia pensione di invalidità, mi spettano un anno di arretrati, un sacco di soldi, circa mille Euro secondo i miei calcoli, questo vuol dire che posso andarmene da questa città. Potrei riparare l’Ape e riprendere il vecchio progetto di fare il giro d’ Europa, oppure rimettere in strada la bicicletta e spostarmi con quella.
A diciotto anni sognavo di fare il giro d’Italia in bicicletta, un giro invernale. L’onnipotenza dei diciotto anni e il desiderio già marcato di distinguermi da chiunque altro. Anche quelli dove sono finiti?
Partire in bicicletta vorrebbe dire attrezzare la bicicletta in modo da avere una buona autonomia, dovrò rifarmi all’esperienza Scout: montare una tenda, comperare un fornellino da campeggio ed organizzare una cucina ridotta, non potrò permettermi di andare al Bar o in pizzeria tutte le sere. Dovrei avere a disposizione sette Euro al giorno che se ben amministrati dovrebbero essere più che sufficienti. Sono abituato ad ottimizzare il nulla, da questo punto di vista non dovrebbero esserci problemi. Vino in cartone e anche i vizzi sono garantiti. La mia tenuta con l’alcol è veramente vergognosa, solo l’anno scorso riuscivo ancora a fare sessanta chilometri e poi spararmi sei otto birre e qualche bicchiere di vino e poi il giorno dopo ripartire, ovviamente mi porto dietro un pancione da bevitore appassionato e la pedalata certo non è quella di dieci anni fa, ma per essere una spugna con sindrome depressiva direi che faccio ancora la mia sporca figura.
La bicicletta mi obbligherà a darmi un limite, non posso certo mettermi a bere alle due del pomeriggio con davanti trenta o quaranta chilometri.
Sarà bello bere la sera, i muscoli indolenziti da una giusta dose di acido lattico si combinano perfettamente con una moderata dose di alcol creano uno sballo superiore a tutti quelli conosciuti sino ad oggi.
Ma qui si tratterebbe di pedalare tutti i giorni e come se non bastasse si avvicina l’inverno e non saprei come affrontare questa sorta di viaggio, anche se la sfida la trovo entusiasmante.
Ho una gran voglia di mandare tutti a fare in culo, assistenti sociali, psicologa e gli educatori del centro diurno: la loro arte terapia da circolo parrocchiale con annessi complimenti per ogni porcata si faccia con i colori, le interpretazioni sull’uso del colore speso, degli spazi lasciati vuoti, ma la cosa più triste sono io che alimento questo giochetto dell’utente talentuoso che dipinge cadaveri e muri, consapevole di nutrire il loro narcisismo di educatori affamati di successi, mi sento una puttana.
Alcolista psichiatrico lo accetto perchè mi appartiene fino in fondo, ma puttana impotente non riesco ad accettarlo. Cazzo pensavo di valere un po di più, non mi vedo a scodinzolare davanti all’assistente sociale oltre quello che ho già fatto. Sono qui a fare l’utente modello, talentuoso dal pensiero raffinato, adeguato, oltremodo consapevole e pronto a disciplinarsi per un trionfale reinserimento nel mondo della normalità. Mi sto condannando da solo e con dentro la sensazione di poter ancora fare molto per la mia vita.
Ma dove sono finiti i miei sogni, la mia voglia di giustizia e di contribuire alla costruzione di un mondo meno peggiore di come l’ho trovato? La passione per la chitarra, lo sport e tanto altro ancora.
C’è poi quell’antico progetto che misi in cantiere quando avevo sedici anni in cui mi ripromisi di arrivare a quarant’anni sollevato dalle mie angosce per diventare un bell’uomo con al seguito una piccola truppa di donne innamorate? Ci ho creduto in quel progetto, ero convinto che sarebbe stato possibile liberarmi della bruttezza della mia vita, ero fiducioso che sarebbe dovuto passare del tempo ed ora alla soglia dei quaranta non ho intenzione di fare l’animale addomesticato dei servizi sociali. Guardo questi professionisti del benessere altrui e spesso nelle loro facce non trovo felicità o soddisfazione per il lavoro che hanno scelto, mi pare che questi facciano persino fatica ad assistere se stessi figuriamoci un un cicloturista bipolare con una storia complessa come la mia. Ed è da questa considerazione che credo di dover ripartire, non è ancora tempo di delegare le mie sorti alle generosissime scollature della psicologa, direi che dopo il terzo litro di sperma versati su quella pelle dotta e levigata siano sufficienti e che tocchi a me almeno il tentativo. Per quanto affaticato e spaventato non riesco a mollare adesso e se mai dovessi non farcela allora farò altro, in un mondo nuovo.
Era l’estate del 1997 e di quel mondo nuovo che avevo cercato conservo queste immagini a cui ho voluto dare un titolo. Una piccola strategia per consentirmi il giusto distacca da quella giornata.
Grazie Massimiliano non so dire altro, le tue recensioni… Merda.
Eh si Stefano, che vitaccia!, i tuoi pensieri scritti così si mescolano ai miei, qualche volta certe sensazioni mi assomigliano altre neanche un pò, ma nn siamo tutti uguali x fortuna direi,sto approfondendo la tua conoscenza più sul web che di persona a questo punto.Un abbraccio
Cronaca prima start
Gli ospiti… si rompono il cazzo!
vite dal sapore del nulla.
Sospiti
dall’alcool
polveri impalpabili
Qualcuno comincia a raccontarsi.
Il registratore parte
macchine fotografiche sparano flash
visi segnati
una poesia
una foto
vite precedenti
lavoro!
casa!
famiglia.
Arriva la notte, buia e fredda,
di un silenzio fitto.
La disfatta.
Mauro che fai rielabori?
è il tuo modo per dire che hai apprezzato?
Inutile chiedertelo rispondera con una non risposta. Un caro saluto
Questa cosa di Mauro la devo ancora codificare… comunque mi piace.
Mi sembra la descrizione della marea, la marea umana che entra all’emergenza freddo.