Un interrogativo potente e diretto come quelli di cui Delvis era capace, proviamo a dare una risposta. Un modo per comunicare ancora in qualche modo con Delvis, che è stato per noi un punto di riferimento e un esempio.
Maura dice: Ho incontrato Delvis al Centro di Ascolto il 3 gennaio del 2002, era appena uscito dal carcere e stava in strada. Già da allora aveva seri problemi di salute. Fu uno dei partecipanti al primo gruppo di auto aiuto e fu sua l’idea del nome: propose "ANTARES, a piccoli passi verso la luce", lui era anche il verbalista del gruppo e vorrei ricordarlo attraverso il suo verbale di giovedi 15 maggio 2003:
"Questa sera siamo in riunione io (Delvis), A., G., L., M., S., G., L. e il grande amico C., il quale ci ha donato la sua visita, ma noi speriamo sempre che trovi un poco di tempo per stare con noi anche per tante altre riunioni.
Stiamo discutendo della percentuale di persone che, rivolgendosi ai Servizi Sociali e ai Centri di Ascolto, hanno veramente intenzione di ricominciare un percorso.
Per come la penso io, dividerei le percentuali in più fasi: un 40% è interessato solo ad uscire da una situazione precaria, accontentandosi di un pasto e poco altro, un altro 20% ha intenzione di rimettersi a posto con casa, lavoro e ricongiungimento familiare, un altro 40% ha problemi che, anche volendo, non gli potrebbero permettere di intraprendere un discorso serio, se non avendoli prima affrontati.
Altro tema di discussione è: cosa ci fa sentire vivi?
L’amore,
il rispetto che gli altri ci portano, se ci rispettano significa che probabilmente abbiamo qualcosa di buono da dare, da trasmettere,
sforzarsi di mantenere e far andare bene per il verso giusto ciò che si possiede (il lavoro, la casa, le amicizie, …)
staccarsi dallo scoraggiamento, crederci comunque fa diventare l’illusione realtà
imparare a godere delle cose piccole quotidiane".
le ultime parole lasciano senza fiato
il modo che aveva Delvis di tenerci a distanza fa sentire la sua assenza più assurda ed irreale. Faccio fatica a pensare che non c’è, che non sta lavorando nel suo laboratorio. Non si sentiva Delvis, ma almeno sapevi che c’era, che era lì che stava tenendo in piedi un pezzo importante del nostro lavoro. Sapevi che su quel pezzo potevi stare tranquillo: era un operatore che sapeva parlare del suo lavoro, sapeva confrontarsi con i Servizi ed aveva costruito, in autonomia, dei percorsi importanti di intervento sulle persone. Aveva uno sguardo di insieme e sapeva ragionare in rete. Non nascono tutti i giorni operatori di questo tipo.
Sapeva guardare tutto da lontano, dall’alto del suo sorriso. E dallo sguardo capivi che era un uomo che sapeva benissimo dove e come si stava muovendo. E’ naturale che sia stato un punto di riferimento per tante persone, anche per noi.
Delvis sapeva cosa significa dover dare una risposta, ogni giorno, a persone che non hanno più niente. Di questo conosceva dimensione e sostanza.