
Non devo più scendere in città. Mi uccide.
L’alcool delle ultime settimane per il quale sono ancora ubriaco mentre prendo il primo caffè della giornata, non appena metto piede in Babilon mi cala in uno stato ansioso carico di paura. Panico, credo si tratti di questo.
E poi lui, proprio sotto la cintura che pare non subire i massicci attacchi alcolici degli ultimi giorni.
Caffelatte e zucchero per una colazione sempre troppo dolce.
Devo comprarmi un cucchiaino, in questa casa c’era praticamente tutto e non comprendo perché si siano portati via solo le posate.
Una caffettiera da tre tazze per due porzioni di caffè in uno dei tanti bicchieri lasciati nella dispensa: bicchieri per l’acqua, il vino, gli amari, la birra e ben sei scodelle per la colazione.
Al secondo bicchiere di caffè ecco cominciare il tormento.
A dodici anni era quasi una gioia masturbarsi a tutte le ore, tre quattro cinque volte al giorno per circa dieci anni. Poi solo due tre volte al giorno, ovunque, a casa mia o degli amici, in bottega e in qualsiasi spazio pur di soddisfare le erezioni di quello che con gli anni si è rivelato uno scomodo inquilino.
A lui non importa, mi guarda con il suo unico occhio quasi ad implorare: "Aiutami, ti prego".
Non potrò fare nulla fintanto che non verserà le sue lacrime bianche gelatinose e dunque obbedisco.
Sono sceso in bicicletta per ritirare la pensione, la pressione della sella sulla vescica sembra averlo quietato ma i suoi desideri mi salgono sino ai polsi. Ora son miei.
Non posso fermarmi un attimo, sono talmente agitato, eccitato, che qualsiasi sguardo o visione trasformerebbero il mio corpo in una gatta in calore.
Uomo o donna di qualsiasi età e forma non mi dissuaderanno, come al solito mi affido ai pedali della bicicletta fissando il battistrada della ruota anteriore e cercare di non "Guardare", a meno che non abbia la certezza di avere di fronte a me un animale affine.
Mi siedo su una panchina nei pressi della stazione, mi sale l’ansia per il timore che il desiderio traspaia vivo e impetuoso. Spiegare che non mi appartiene sarebbe impossibile, l’unica cosa che posso fare è quella di inchiodare la vescica alla sella per controllare come posso, l’inquilino scomodo.
"Bastardo lasciami in pace, voglio solo fare la spesa e tornare a casa".
Al negozio di informatica mi accoglie una signora di sessant’anni circa con un garbato sorriso, vestita come una donna d’altri tempi e i modi dei negozianti di una volta tesi a soddisfare tutte le richieste dei loro clienti.
Io cerco solo un lettore DVD, l’inquilino tutto il resto.
"Lasciami in pace Bastardo".
Comincio a tremare e per il momento appaio solo come un ragazzo estremamente timido e goffo, mi fermerei volentieri a parlare con la signora di qualsiasi cosa.
Vorrei raccontarle del libro e delle tante soddisfazioni che mi regala continuamente, ma il Bastardo preme ed io esco velocemente col mio DVD dal negozio per tentare di addomesticarlo con il dorso della sella.
Per quanto piccola sia questa città, c’è comunque troppa gente e l’unica cosa che posso fare è imboccare l’argine del fiume.
"Basta adesso basta". Mi sembra di impazzire.
Incrocio due ragazze dal passo lento e in fila indiana, sembrano uscite da una comunità psichiatrica per la passeggiata mattutina, rallento e mi volto per vederle svanire dietro l’isolato. Ho atteso sino alla fine un cenno nella speranza di incrociare un animale affine. Troppo imbottite di farmaci.
Ansia, ansia, la speranza prolungata si trasforma in dolore e paura che per lunghi attimi non riesco a contenere. La febbre di questi giorni sembra minare tutti i puntelli che mi sono piazzato indosso in questi anni per sfuggire alla pazzia.
Se bevo adesso anche un sorso di birra finisco in lacrime in psichiatria.
Eppure mi sono masturbato prima di uscire di casa.
"Cosa vuoi da me? Lasciami in pace, voglio solo tornare a casa e far partire il DVD e poi faremo a modo tuo".
L’alcool delle ultime settimane per il quale sono ancora ubriaco mentre prendo il primo caffè della giornata, non appena metto piede in Babilon mi cala in uno stato ansioso carico di paura. Panico, credo si tratti di questo.
E poi lui, proprio sotto la cintura che pare non subire i massicci attacchi alcolici degli ultimi giorni.
Caffelatte e zucchero per una colazione sempre troppo dolce.
Devo comprarmi un cucchiaino, in questa casa c’era praticamente tutto e non comprendo perché si siano portati via solo le posate.
Una caffettiera da tre tazze per due porzioni di caffè in uno dei tanti bicchieri lasciati nella dispensa: bicchieri per l’acqua, il vino, gli amari, la birra e ben sei scodelle per la colazione.
Al secondo bicchiere di caffè ecco cominciare il tormento.
A dodici anni era quasi una gioia masturbarsi a tutte le ore, tre quattro cinque volte al giorno per circa dieci anni. Poi solo due tre volte al giorno, ovunque, a casa mia o degli amici, in bottega e in qualsiasi spazio pur di soddisfare le erezioni di quello che con gli anni si è rivelato uno scomodo inquilino.
A lui non importa, mi guarda con il suo unico occhio quasi ad implorare: "Aiutami, ti prego".
Non potrò fare nulla fintanto che non verserà le sue lacrime bianche gelatinose e dunque obbedisco.
Sono sceso in bicicletta per ritirare la pensione, la pressione della sella sulla vescica sembra averlo quietato ma i suoi desideri mi salgono sino ai polsi. Ora son miei.
Non posso fermarmi un attimo, sono talmente agitato, eccitato, che qualsiasi sguardo o visione trasformerebbero il mio corpo in una gatta in calore.
Uomo o donna di qualsiasi età e forma non mi dissuaderanno, come al solito mi affido ai pedali della bicicletta fissando il battistrada della ruota anteriore e cercare di non "Guardare", a meno che non abbia la certezza di avere di fronte a me un animale affine.
Mi siedo su una panchina nei pressi della stazione, mi sale l’ansia per il timore che il desiderio traspaia vivo e impetuoso. Spiegare che non mi appartiene sarebbe impossibile, l’unica cosa che posso fare è quella di inchiodare la vescica alla sella per controllare come posso, l’inquilino scomodo.
"Bastardo lasciami in pace, voglio solo fare la spesa e tornare a casa".
Al negozio di informatica mi accoglie una signora di sessant’anni circa con un garbato sorriso, vestita come una donna d’altri tempi e i modi dei negozianti di una volta tesi a soddisfare tutte le richieste dei loro clienti.
Io cerco solo un lettore DVD, l’inquilino tutto il resto.
"Lasciami in pace Bastardo".
Comincio a tremare e per il momento appaio solo come un ragazzo estremamente timido e goffo, mi fermerei volentieri a parlare con la signora di qualsiasi cosa.
Vorrei raccontarle del libro e delle tante soddisfazioni che mi regala continuamente, ma il Bastardo preme ed io esco velocemente col mio DVD dal negozio per tentare di addomesticarlo con il dorso della sella.
Per quanto piccola sia questa città, c’è comunque troppa gente e l’unica cosa che posso fare è imboccare l’argine del fiume.
"Basta adesso basta". Mi sembra di impazzire.
Incrocio due ragazze dal passo lento e in fila indiana, sembrano uscite da una comunità psichiatrica per la passeggiata mattutina, rallento e mi volto per vederle svanire dietro l’isolato. Ho atteso sino alla fine un cenno nella speranza di incrociare un animale affine. Troppo imbottite di farmaci.
Ansia, ansia, la speranza prolungata si trasforma in dolore e paura che per lunghi attimi non riesco a contenere. La febbre di questi giorni sembra minare tutti i puntelli che mi sono piazzato indosso in questi anni per sfuggire alla pazzia.
Se bevo adesso anche un sorso di birra finisco in lacrime in psichiatria.
Eppure mi sono masturbato prima di uscire di casa.
"Cosa vuoi da me? Lasciami in pace, voglio solo tornare a casa e far partire il DVD e poi faremo a modo tuo".
mi auguro per te che non sia roba autobiografica…altrimenti sono veramente cazzi!!!
in ogni caso, ottimo lavoro e… tanti auguri!!!
Monne78
Certo che lo è.
Anni fa in psichiatria il primario non vedeva l’ora di scoparmi.
Io preferisco la guarigione attraverso la scrittura autobiografica.
Poi c’e da dire che non era il mio tipo, altrimenti ci sarei stato e senza rinunciare all’autobiografia.
troppo forte Stè, forse l’avevo già letto questo tuo scritto non ricordo dove, ma lo rileggo con piacere,devo dire che un pò mi riconosco in quello che scrivi,anche se oggi sembra abbia raggiunto la pace dei sensi, un pò lo devo alla mia dolce metà.Devo ammettere che preferisco una bella canna alla birra, è + afrodisiaca
scusa Stè mi ero dimenticato di sloggarmi,ciaooo
NON PARLI ALTRO CHE DI SCOPARE ULTIMAMENTE MI CHIEDO SE NON FOSSE IL CASO DI SFOGGIARE QUALCHE BELLA MERETRICE STEFANO ANCHE PERCHE’ SENNO’ E’ UNA VOGLIA CHE AUMENTA E CHE TI TRASCINI DIETRO NEL TEMPO E NON VORREMMO LEGGERE SU UN QUALSIASI GIORNALE "STUPRATA RAGAZZINA DA UN AGUZZINO "CI DISPIACEREBBE MOLTO COMUNQUE STA DI FDATTO CHE CHI FA QUESTO TIPO DI COMMENTO SCUSAMI MA E’ UN CRETINO A TUTTI GLI EFFETTI EH CHE NE DICI STEFANO NON SEI DACCORDO CON ME CHE CERTA GENTE NON SI DOVREBBE NEMMENO PERMETTERSI NON SOLO DI PENSARLE QUESTE COSE FIGURIAMOCI POI DI SCRIVERLE IN UN BLOG IMPORTANTE COME ASFALTO CHE LO LEGGONO OGNI GIORNO MIGLIAIA DI PERSONE E CHE SICURAMENTE PIU DELLA META DI QUESTE PERSONE TI CONOSCE CHE COSA PENSEREBBERO DI STEFANO ANALCOLIKER CHE FORSE SI E FATTO UN BICCHIRE DI ALCOLIKER DI TROPPO?. SALUTI.
Anonimo… fai e dici tutto da solo.
Questo è un pezzo molto divertente di Stefano: non siamo un po’ tutti schiavi del nostro inquilino amici miei maschietti?
..amici miei maschietti..? Max.. un pò frù.. frù.. …
Non amo leggere, ma se mi trovassi di fronte un racconto come questo credo che mi piacerebbe.
l’idea dello stupro non è molto differente da quello del suicidio, in entrambi i casi siamo noi a fare la scelta.
Per quel che mi riguarda devo dire che sono amato e corteggiato per cui mi è rimasto solo il suicidio. Ma non mi ammazzo se non altro per non perdermi i commenti anonimi.
Scusami Max,
volevo ricordare al signorina Anonimo/a che questo prestigioso Blog è stata un’idea fortemente voluta e suggerita priprio da me.
Ho sognato, "nel sogno"che strupravo una ragazza.
Mi sono svegliato ed ero turbato.
Mi sono chiesto quale fosse la " Radice" di qusto sogno.
La risposta che mi sono dato è che pensando di valere poco o di avere poche possibilità di sedurre una donna, in quel sogno non restava che attuare la violeza di uno stupro.
Poi dopo aver fatto il caffè mi sono riappropriato della mia Bellezza ed ho avuto la certezza che sarebbe sufficiente essere me stesso per sedurre, amare ed essere amato da una donna.
In quel sogno c’era violenza, sofferenza. Un sogno fatto in un periodo in cui la solitudine certamente mi ammala e incattivisce.
Quando mi sono svegliato ci ho messo molto a capire che quello stupro non era avvenuto.
Stefano, i commenti #8 e #10 sono opposti e contrari in qualche modo… e questo è un bene.
La solitudine è lo scoglio più duro da affrontare, e lo è per tutti. Anche se Faccio fatica a pensarti solo: magari isolato sì, ma solo non credo. Se sei lontano dagli altri significa che è quello che stai cercando forse.
Sul sogno, anche se non sono uno psicanalista, ci voglio pensare ancora su. Grazie comunque di averlo condiviso con noi.
Io ho fatto pace con quel sogno ed ho compreso.
Il motivo per cui l’ho messo è perchè credo che questo tipo di dialogo appartiene a questo blog.
I gioco è semplice: io parlo di me per invitare gli altri a specchiarsi, interrogarsi.