Archivio per la categoria ‘tutto cominciò così’

week end a scrocco

Pubblicato: 15 gennaio 2010 da massitutor in rielaborazione, tutto cominciò così, week end a scrocco

Esposizione del precinema
cinema lumiercontinua la rubrica week end a scrocco che noi del laboratorio di asfalto dedichiamo ai nostri lettori settimanalmente per informarli dei vari eventi che ci sono a bologna nel fine settimana, e possibilmente cercare quel tipo di eventi dove il costo è zoro, o quasi zero.

Dal 16 novembre 2009 al 15 febbraio 2010 – nella Sala espositiva della Cineteca vedere loro ciò che in realtà non è – movimenti, distanze, figure – sono iniziati ben prima della fatidica data. Proprio le macchine del ‘pre-cinema’ saranno protagoniste dell’allestimento che la Cineteca di Bologna inaugura. Scopriremo gli antenati del cinema attraverso i dispositivi ricostruiti dagli allievi del laboratorio di scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sulla base di originali d’epoca della collezione del Museo Minici Zotti di Padova. Ma lo svelarsi dei ‘trucchi’ del ‘pre-cinema’ non si ferma alla mostra: le visite saranno infatti guidate dagli esperti della Cineteca di Bologna, che condurranno i visitatori delle scuole primarie e secondarie con lezioni diverse a seconda dell’età degli allievi. Ai bambini, ad esempio, sarlumiereanno distribuiti i giochi ottici, come il fenachistoscopio o il flip book, da costruire e colorare (prenotazione obbligatoria delle visite guidate. Dodici i modelli esposti: si potrà entrare in una  camera oscura, impiegata sin dai primi del Seicento nella ricerca scientifica, nella pratica artistica e nello spettacolo; guardare attraverso un foro in una scatola ottica o nella camera prospettica di Von Hogstratten. Attraverso combinazioni di specchi, le magie catottriche permetteranno di osservare i propri corpi deformati da specchi piramidali, conici e cilindrici. Non mancheranno i diorami, pannelli dipinti che immergono lo spettatore in  mondi tridimensionali fittizi; ci saranno poi un modello cilindrico di anamorfosi, che permette di produrre scene con prospettive deformate, una lanterna magica con miniature proiettate sulle pareti e unozootropio, macchina che, sfruttando il principio della persistenza retinica, è in grado di fondere le figure separate, dando vita al movimento dell’immagine. Vi ricordiamo che l’ingresso è gratuito dalle ore 8.00 alle ore 17.00 dal lunedi al venerdi presso la sala espositiva ( vai riva reno 72 )

Il nostro appuntamento all’incontro con i partigiani della Bolognina è stato più che emozionante e formativo. Un’esperienza che chi c’è stato non dimenticherà, o quanto meno conserverà in un angolo del cuore.
Forse arriverà anche un video, rimanete connessi.

tutto escluso 2009

Pieno successo sabato per Sold Out, l’iniziativa degli operatori del sociale di Bologna che ha riunito utenti dei servizi, addetti ai lavori e cittadini vari a piazza San Francesco in occasione della giornata mondiale contro la povertà. Si è discusso in una atmosfera conviviale rallegrata da una ottima pasta e fagioli accompagnata da un buon bicchiere di vino, mentre sullo schermo approntato per l’occasione scorrevano le immagini tratte da vari lavori realizzati negli anni dalle varie realtà della città, compresi quindi spezzoni delle interviste di Asfalto e materiale vario proveniente dal nostro blog. La buona notizia è data dalla folta rappresentanza dei bolognesi, molti dei quali passanti incuriositi dallo strano assembramento di personaggi così diversi che si è creato in una delle piazze meno sputtanate della città, proprio coloro ai quali erano rivolte molte delle parole spese dagli organizzatori della serata nei vari interventi, con i nostri tutor Massi&Massi in prima fila. Agli inteventi degli operatori sono seguiti quelli più o meno scombinati di quelli che dei servizi sono i destinatari, con momenti di ilarità e altri meno ameni che comunque ben esprimono la condizione di chi vive la strada ogni giorno. L’altro destinatario del messaggio è stato il ministro dell’interno Maroni, al cui indirizzo del Viminale è indirizzata un’ironica cartolina nata da una collaborazione tra le redazioni di vari giornali di strada (Piazza Grande, Shaker, Terre di Mezzo ecc.) con lo scopo di far giungere a chi di dovere la sacrosanta protesta contro chi vuole affrontare il problema crescente della povertà come una questione esclusivamente di ordine pubblico. La serata è poi proseguita dopo la cena accompagnata dalla musica sparata ad un volume più che accettabile dall’impianto messo gentilmente a disposizione dai ragazzi dell’ XM24, ai quali vanno pure i ringraziamenti (in particolare a Gabry) per l’ottimo lavoro svolto dietro ai fornelli. E grazie anche alle streghe inquietanti dell’associazione Oltre.
Una serata riuscita, senza scontentare il vicinato, abituato peraltro ad un ben diverso standard di rumorosità grazie alla vicina movida di via del Pratello, e che per fortuna non è stata rovinata dalla paventata ressa al momento della distribuzione della minestra (e del vino..) che invece si è svolta in maniera più che ordinata. Appuntamento quindi per una seconda edizione al 17 ottobre dell’anno prossimo!!

Asfalto aderisce con entusiasmo a questa "Giornata mondiale delle Nazioni Unite per l’eliminazione della povertà", perché questa volta è diverso: finalmente un evento spontaneo, per parlare liberamente di marginalità, accoglienza e convivenza a Bologna

skyBo_soldout

con il patrocinio della Consulta per la lotta all’esclusione sociale
e del Quartiere Saragozza

Lotta alla povertà o lotta ai poveri?
Bologna è ancora una città accogliente?
Molte persone non hanno ne’ casa ne’ dormitorio.
Cosa significa solidarietà sociale oggi?
Esiste un problema di accesso ai servizi sociali?

Operatori, persone senza dimora, cittadini e curiosi del sociale si incontrano

SABATO 17 OTTOBRE 2009
Ore 19.00
in Piazza San Francesco

Per gustare una zuppa insieme,
parlare di diritti di cittadinanza e marginalità,
pensare ad una città nella quale sia possibile abitare i confini.

INFO: 051/219.43.09
ConsultaEsclusioneSociale@comune.bologna.it
www.viadelporto.splinder.com
         

Bologna "Andergraund"
"Come si sta a Bologna non si sta da nessun altra parte". Chi vive Bologna lo sa: questa è una delle frasi che si sentono spesso nei discorsi fra amici, al lavoro e al bar.  Lo dicono un po’ tutti: quelli che la amano, quelli che la detestano e quelli che si lamentano. Cioè tutti.
Ma è poi così vero? è ancora vero? ma soprattutto: per chi è vera questa frase?
E’ ovvio che questo argomento discusso fra le mura del Centro diurno in qualche modo contiene già una risposta implicita: ci sono dei cittadini a Bologna (bolognesi o non bolognesi) per i quali questa affermazione è falsa o quanto meno riduttiva. C’è una Bologna dei margini che cerchiamo di portare a galla… nel nostro lavoro e su Asfalto. Territori marginali che però vengono vissuti da tutti, non solo dai "borderlain". Di questo ed altro abbiamo parlato alla tavola rotonda delle 12.00 presso il Centro diurno di via del Porto 15. Ci siamo incontrati sui confini e speriamo che questo genere di iniziative abbiano un seguito, al di fuori dei soliti luoghi e oltre l’istituzionalità. Perché tutti abbiamo qualcosa da dire sulla gestione del sociale in città: ospiti, utenti, operatori, dirigenti, politici ed esperti. Prima di tutto siamo persone e cittadini che vivono un territorio.
Alla tavola rotonda si è parlato di Bologna "andergraund" e della responsabilità sociale e politica delle cooperative sociali, delle istituzioni e anche delle aziende. Nessuno ha la libertà di tirarsi indietro rispetto a queste responsabilità: il rimpallo di compiti e doveri non ha nessun senso quando c’è di mezzo la vita delle persone. La situazione informale ha permesso anche a dirigenti, operatori e presidenti di sbottonarsi un po’ e liberare un po’ di idee e sentimenti politici sopiti. Grazie a tutti.

Vita da birra

Pubblicato: 3 giugno 2009 da massitutor in amicizia, birra, felicità, libertà, tutto cominciò così

vomit copyLa birra per me è un arte, dietro c’è un procedimento che coinvolge non solo la parte meccanica, ossia lavorazione e macchinari per la produzione, ma è proprio uno status simbolo di certi paesi come Olanda, Irlanda, Danimarca e via via. La birra da secoli è una bibita semplice in se stessa, ma socialmente ha cambiato aspetti della vita quotidiana. Per me addirittura ha cambiato anche il modo di viaggiare, nel senso che tante volte ho scelto dei posti dove c’era la birra buona, perchè semplicemente la birra mi piace. Quando ho cominciato a bere la birra avevo circa undici anni, lavoravo con dei muratori a casa mia, praticamente li aiutavo a costruirla da Aprile a Settembre, e bevevo una birra leggera da 33cl, ma dopo un po di tempo mezza cassa la bevevo solo io. Crescendo ho cominciato a bere una birra abbastanza forte ma gustossisima per me, la francese Dudemon, ero giovane e prendevo delle ciocche incredibili, poi verso i vent’anni sono entrato in stato di saturazione e tutt’ora dopo 15 anni non riesco più a berla. Viaggiando molto ho avuto la fortuna di apprezzare altre birre, che bevendole nel posto di origine cambia gusto, sembra una fesseria ma è vero. A Granada preferivo l’Alambrha un pò dolce col retro gusto secco, in germania la paulaner buona e da pasto, ma senza dubbio la più buona è la birra dei frati, franz e qualcosa, bianca, nera e classica. Sia la bianca che la nera sono di alta gradazione, tutt’è due dolci, ma la bianca sicuramente più bevibile e più forte, mentre la bionda va bene anche da pasto. Un discorso a parte merita la mitica guinnes, sicuramente una birra di alta qualità che ti permette di bere e di accorgerti quando è il caso di piantarla di bere: è una delle mie preferite e anche delle più costose, ma lo sperpero denaroso lo merita tutto. Ora in periodo di decadentismo economico molta gente compreso io ci affidiamo alle birre più commerciali ed economiche nonchè di alta gradazione: abbiamo la Atlas da otto gradi e mezzo, che per un periodo è stata messa al bando perchè dava proprio dipendenza da Atlas, la Graffenwalder (c’è anche leggera) di gradi ne ha 7,9, la bevo ognitanto ma da quando ho assaggiato la 7,9 della Echbaum non l’ho più lasciata costa poco ed ottima tra le birre scadenti.birra
Oggi a quasi trentacinque anni posso dire che bere la birra per me è un abitudine come bere il caffè la mattina, infatti capita anche che ci faccio colaziane. La birra fa da sfondo alla mia vita, nel senso che influisce anche nei rapporti personali, difatti la maggior parte delle persone con cui mi vedo sia uomini che donne beve regolarmente birra ma senza mai esagerare, e a volte influisce anche nel mio umore, capita che bere una birretta mi raddrizza la giornata, come capita anche che se vado ad un concerto dove si beve a fiumi, un paio di birre mi durino anche per ore perchè mi fanno da compagnia alla musica. Detto questo tra un po’ vado naturalmente a scollettarmi una fredda Echbaum, e ricordatevi che chi beve birra campa cent’anni, buona ciocca a tutti, ciao.

la trasferta

Pubblicato: 4 marzo 2009 da massitutor in carcere, tutto cominciò così
legge-uguale-per-tutti"Guarda Sandro, secondo me siete stati voi". E’ con questa bella certezza assicurativa sulla mia vita, ho salutato l’ avvocato che doveva difendermi ho guardato il mio cane già stanco  di ascoltare, lui aveva già capito, e sono ripartito per Bologna più fiducioso di prima che sono nella merda fino al collo. Va bene non sono un santo, e nella mia lunga vita da vagabondo ho visto e mi è successo di tutto ma questa storia di rapinatore a mano armata con tanto di sparo, con me che in una macchina rubata aspetto il mio complice con tanto di sgommata, roba da natural born killers, questa no! Mi giunge proprio nuova anche perché non è mai successa; o meglio è successa ma non siamo stati noi.
Gli attori principali di questa bella scampagnata a Milano siamo io, Pepe, un solerte farmacista e tutte le forze dell’ordine che, con grande professionalità, hanno dato un contributo notevole alla riuscita del film (mannaggia a sti stronzi).
Ma anche noi come stronzi abbiamo dato il massimo direi che siamo proprio da oscar.
Vi racconto brevemente ‘sta cazzo di storia. Io e il mio amico Pepe decidiamo di andare a Varese per incontrare mia figlia e per fare un giro fuori da Bologna. Abbiamo 50 bei euri e quindi non abbiamo problemi per mangiare o pagare i biglietti. Arrivati a Milano facciamo una passeggiata visto che non la conosciamo per nulla. Ci siamo raccomandati di stare tranquilli, ma ad un certo punto i nostri sguardi fanno quello che non dovevano fare, si incrociano come quelli di due innamorati. Ci siamo senza dubbio capiti. Parte subito la ricerca del posto e tra autobus e tram raggiungiamo l’estrema periferia di Milano. Cosa fanno due ragazzi come noi che vengono da Bologna ed ora sono all’estrema periferia a Milano? Fatevi una domanda e datevi una risposta. Decidiamo di andare via ma ad un certo punto accade l’incredibile, l’impensabile ma soprattutto accade che siamo circondati da quattro sbirri che dopo diventano sei che poi diventano undici. Ci perquisiscono, non trovano quello che cercano, ma ci arrestano lo stesso. Io guardo inutilmente Pepe come se fosse il mio guru ma raccolgo uno sguardo più attonito del mio. Non sappiamo cosa abbiamo fatto ma sappiamo che siamo nella merda. Ci tengono in caserma a Rozzano in manette. CAZZO LE MANETTE, le ho viste nei film, nei cartoni, nei sexishop, ma alle mie mani no, e penso minchia che sballo siamo su scherzi a parte! Cerco qualche bella valletta ma nulla, le mie vallette sono i caramba; verrebbe da dire caramba che sorpresa! Verso la una di notte ci danno la bella notizia. Oh finalmente vedrò il famoso grand hotel, non vedevo l’ora e non sapevo come ci si poteva entrare, che documenti presentare, con chi dovessi parlare, ma per fortuna ci hanno pensato loro senza aver fatto nulla mi fanno e ci fanno questo bel regalo. se fossimo liberiIl capo d’accusa è rapina a mano armata per Pepe e per me un bel favoreggiamento con tanto di furto d’auto. La nostra difesa è INNOCENTI, che verrebbe da ridere se non fosse stato che questo incubo è toccato a noi. Inutile dire che nessuno ci crede ne il giudice ne l’avvocato Carlo Buono che sentendo sta gran bontà di cognome abbiamo capito che abbiamo proprio sbagliato giornata. Ora senza farla tanto lunga tutto ciò cosa comporta: in primo luogo che dopo tanti anni passati tra alti e bassi finalmente avevo trovato una linea nella mia vita con degli obiettivi importanti che partono dalla mia qualità di vita, al lavoro, passando alla vita privata con un riavvicinamento a mia figlia che ora è stato bloccato e anche all’allontanamento di persone a me vicine che ora hanno un dubbio enorme, cioè: "ma avrà veramente fatto quello di cui è accusato?". Io posso solo dire la verità: cioè che non ho fatto nulla di quello di cui mi si accusa.
Quindi spero come una barca in mezzo al mare senza remi che esista veramente una giustizia; lasciandovi (penso anche voi nel dubbio) alla prossima puntata di questa tragica trama da film a cui diamo il maggior riconoscimento ai veri attori non protagonisti, ovvero l’oscar a chi ha fatto la rapina. Detto questo mi rimetto (nel senso che ci vomito sopra) alla clemenza della corte.

Come promesso, Asfalto non chiude per le feste, anzi: ho il piacere di pubblicare un racconto che è qualcosa di più di un regalo: è il lavoro che l’amico Stefano "Bici" Bruccoleri sta sviluppando sul materiale che aveva pubblicato, in varie forme, sul web alcuni anni fa. Propongo un percorso a puntate attraverso questo testo che sta trovando la sua forma definitiva e che non smette mai di toccarmi nel profondo. Anche perché i semi di Asfalto, in qualche modo, sono racchiusi in queste righe.
Sempre di più penso allo Stefano scrittore come ad uno scultore della parola: uno di quegli scultori artigiani che lavorano il legno e tolgono materiale fino a svelare una figura che esisteva già nel pezzo di legno, difendendo con fatica una struttura che minaccia periodicamente il collasso. Massitutor

vai al blog

Un anno prima che cominciasse la mia carriera di Senza fissa dimora

chi sonoQuella che vi propongo è la trascrizione del del Blog Alkoliker. Forse il primo blog italiano di un senza dimora. La trascrizione mi ha imposto un lavoro di ampliamento e di cucitura che mi consentisse di creare un filo narrativo di quel diario che nella versione Blog appariva come tante immagini scollegate fra loro. Ad esempio è accaduto che una breve frase diventasse quattro pagine di racconto. Nulla è stato aggiunto o stravolto.
“Gli ultimi quattro anni li ho passati in bicicletta, pedalando per circa venticinque mila chilometri, a tratti felicemente ed a tratti da idiota, sono stato la cosa più simile a me stesso che mi è stato possibile essere e l’ultimo immagine che mi resta è quella di uno Stefano tenero, ironico,maturato,a tratti ingenuo, ma informato”.

20 settembre 2003   
Mai visti tanti zeri in trentasei anni; amavo il 1999 sin dal 1991, il 2000 poi mi sembrò irreale. Pensai che saremmo morti tutti e invece il primo gennaio 2000 ero ancora vivo.
Parentesi.
Questo racconto avrebbe dovuto avere uno svolgimento differente se non fosse che circa quattro ore fa un medico dell’ospedale di Alessandria mi ha diagnosticato HIV. Positivo all’HIV
Ho pianto.

A poche ore di distanza dalla  notizia non ho ancora capito bene che cosa mi stia accadendo, ma sento d’essere già cambiato. Triste, perché solo ieri m’immaginavo a sessant’anni a passeggiare per le colline del Monferrato sulla mia bicicletta da corsa. Sereno e un poco più saggio perché “ora” per la prima volta nella mia vita comincio a dare un senso al mio tempo e alle cose: un caffè, una telefonata ad un amico, due passi attorno all’isolato, un buon libro. Mi chiedo se non sto pagando un prezzo troppo alto per aver compreso queste cose solo adesso.

Come è possibile, a questo punto, essere sintetici?

Provo a mettermi dall’altra parte. Io medico, con quali parole comunico al paziente che da oggi in poi il concetto della morte per lui sarà meno astratto?
Dovrò usare comunque delle parole.
Parole, appunto; e se sono un buon medico avrò imparato che le parole in certi casi devono essere scarne.
Dilungarsi allungherebbe un’ansia cattiva, inutile.

Ma le cattive notizie hanno anche un odore.
Quando  le parole arrivano, la notizia spesso è già conosciuta. Aids o tumore sono solo parole, ma hanno quell’odore.
L’animale che sopravvive in noi nonostante condizionamenti, educazione, cultura, allarga le narici, mostra i denti e trema.

L’esito delle analisi del sangue, che avvengono ogni due mesi, per un sieropositivo è come il giudizio in cassazione, colpevole o innocente.
Per la HIV c’è la cassazione della cassazione della cassazione, e ogni volta, ogni due mesi appunto, l’esito si potrebbe ribaltare e i risultati da positivi essere negativi, e allora ti senti come uno yogurt con la scadenza.
Sono anni che non compero yogurt perché la scadenza è sempre troppo breve.
Se dovrò morire per un virus che non posso vedere e toccare verrei portarmi dietro il profumo dei fiori di bosco e dell’ulivo appena tagliato.

L’ultima cassazione mi ha assolto, il mio sistema immunitario ha reagito in modo sorprendente tanto da non rendere  necessaria una terapia farmacologica; questa è la buona notizia, la cattiva è un’infezione epatica cronica che richiede una biopsia al fegato per accertarne l’entità. Ma come, ieri il nemico numero uno era l’HIV, e ora mi sento dire che questo, almeno per il momento, non è il problema?

Nell’arco di quattordici mesi ho perso madre e  padre di tumore, un fratello di overdose, scoperto di essere sieropositivo, perso casa lavoro e visto sfumare una relazione.
Una sola di queste cose in passato mi avrebbe piegato le ginocchia, tutte insieme hanno migliorato la mia vita.
Il dolore e la fatica restano totali, da questo punto di vista non ci sono stati sconti, quello che è cambiato è la percezione del peggio.
Quando sopravvivi a tutto questo restano veramente poche le cose che possano farti paura, e ogni tentativo per essere felice ha il sapore disperato dell’ultima volta, e allora ti butti senza chiederti come ne uscirai, perché mal che vada il peggio è già accaduto.

Giovedì 23 settembre 2004
Il primo pensiero è per i ragazzi del circolo letterario del Punto D_Verso di Alessandria, Torino, Piemonte, Italia, Europa,  terra e tanta tanta acqua, e che sono stati il mio aggancio con il mondo della normalità.
Temo di essere risucchiato dal lato peggiore della strada, le persone che vedo abitualmente sono quelle legate ai  servizi sociali: tossici, alcolisti, psichiatrici. Tracce di normalità è possibile trovarle alla mensa della Caritas dove arrivano un gran numero di stranieri che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena.
Dei ragazzi del circolo letterario non ricordo bene i nomi, ho immagini come piccoli quadretti di luce e colore. Il tipo con il pizzetto ed occhialini di metallo, simpatico ed intelligente, una delle poche persone di cui riconosco il talento senza provare disagio. La Erre moscia alla francese dell’imperiale fanciulla ossessionata o affascinata dal Pacco stellare del suo ultimo racconto. Quella di ventiquattro anni che viene da Torino e si ostina ad alzarsi il numero degli anni per adeguarli all’immagine che ha di se.
Giovani nella loro incompiuta giovinezza che con piccoli spilli tengo appesi al cuore.
A grande richiesta pubblico una delle prime letture, la mitica Balena scorreggiona.
Una sagoma gigantesca mi viene incontro.
Traballante, maleodorante, scorreggiona.
Deve esserci il residuo di una donna sotto quei capelli di polvere impastati col caramello.
Mi mette in mano una supposta “Mettimela ragazzo non ce la faccio più, usa il dito e spingi”  Come Pinocchio nella balena temo di essere risucchiato da quel culo mammifero e con forza mi libero dall’ano che spurga diarrea.” Grazie ragazzo non ce la facevo più” Ed io “Scusi signora ma lei non ha paura di farsi mettere le supposte dal primo che passa”?
“Dì ragazzo  non era mica un missile”.
Questo episodio è realmente accaduto durante una degenza presso il Repartino psichiatrico di Alessandria.

20 settembre 2004
Ieri è arrivato il tanto temuto sfratto esecutivo.
Una speculazione edilizia che strappa dalle loro case ricche di ricordi un vecchio innocuo fascista, un tappezziere di stoffe, un insegnante elementare in pensione, ed il sottoscritto, giovane restauratore di fragili speranze.
Sono comunque stato  fortunato dato che ho trovato subito posto presso il dormitorio comunale di Alessandria gestito dalla Caritas; dieci giorni  al mese e poi fiducia, intraprendenza e freddo.
E’ come affrontare un viaggio nel deserto senza bussola ed ho pensato che a questo viaggio voglio dare un nome: “Fiori di strada”.
Nel giro di poche settimane sono  passato dalla condizione di artigiano restauratore a quella di utente dei servizio sociali.
Mi sento in gabbia. Al mattino alle otto esco dal dormitorio, faccio un giro per la città, un salto su internet in Comune e poi a mezzogiorno a fare la fila alla Caritas per il pasto.
Il pomeriggio al centro diurno del Sert fino alle sei di sera l’appuntamento settimanale con l’assistente sociale, quello con la psicologa e quello con il gruppo di alcolisti. C’è poi l’alkover che assumo ogni mattino presso l’ambulatorio e che dovrebbe allentare  il desiderio di assumere alcool. Dovrebbe!
Questa dell’alcool è l’unica cosa che ho voluto da questi Servizi sociali, i problemi con l’alcool me li trascino da troppi anni e alimentano la parte peggiore di me.
Non più tardi di un mese fa mi sono trovato a camminare completamente nudo nel pieno della notte  in preda ad una disperazione dolorosa che in quel momento mi appariva insanabile. In questi ultimi dieci anni ho fatto dentro e fuori dai repartini psichiatrici di Torino, Asti, Alessandria, spesso ritrovando la stessa gente con gli stessi problemi.
A Torino capitava che l’ambulanza mi raccogliesse in terra completamente sbronzo o  seminudo e da questa cosa vorrei poter uscire, anche perché sento che il peggio della mia fatica di viver si stia lentamente esaurendo per lasciare spazio a qualcosa di nuovo di cui non riesco ancora a vedere i contorni e questo mi lascia ben sperare. Quel che è certo è che non ho intenzione di passare qui ad Alessandria degli anni in attesa che qualcuno di decida a darmi una casa. Ne ho parlato alla psicologa, le dicevo di non trovare un senso nei nostri incontri settimanali e che la soluzione sarebbe stata quella  di poter avere un luogo per ricostruirmi a livello personale e lavorativo. La percezione per me è chiara e cioè che se non trovo io una soluzione rischio di restare al gancio dei servizi per anni senza mai scoprire se avrei potuto farcela da solo.
Qui rischio di affondare nella mia merda, ho preso trecento euro di eroina e non so nemmeno bene perché, dato che l’eroina non mi è mai piaciuta. A  tutto questo si aggiunge questo non senso assoluto frutto forse della noia o di un desiderio di annullamento che mi cova dentro. Certo è che se me la faccio tutta  allora sarà difficile gestire anche la dipendenza e la carenza. Potrei spararmela tutta in un colpo solo e andare a trovare Enrico che a una buona dose di eroina aveva aggiunto i gas di scarico della sua R4 bianca.
Quando si dice “Per esser certi di non sbagliare”
Ma al di la della mia predisposizione per il dramma credo di non avere ancora voglia  di crepare e al tempo stesso non so che fare.
Nel frattempo mi tocca condividere il buio di questa stanza con quattro letti, quattro cuori, quattro storie differenti e differenti destini. Non so cosa aspettarmi, ma il viaggio è cominciato da tempo e almeno per questa notte il viaggio è cortesemente offerto dalla Caritas.
Da circa due settimane mi sono messo in lista per l’emergenza abitativa, uno strumento che dovrebbe a breve garantirmi una casa popolare o una collocazione più agevole rispetto al dormitorio.
Questa mattina sono tornato in comune per la seconda volta per chiedere conto della mia situazione convinto che l’emergenza abitativa si sarebbe mossa proprio sul carattere di emergenza della mia condizione. L’addetta alle pratiche mi accoglie con gentilezza e con la stessa gentilezza mi dice che loro hanno delle priorità: ragazze madri in primo luogo, poi nuclei famigliari con bambini.
Insomma non sono abbastanza ragazza madre per accedere al servizio, pare non siano sufficienti la mia invalidità dell’ottantacinque per cento, con la prospettiva di cominciare a breve una terapia farmacologica per l’HIV. A questo punto non mi resta altro che tornare in dormitorio alla mensa della Caritas e il centro diurno del Sert.

Continua… 

Telestrada

Pubblicato: 13 dicembre 2008 da massitutor in asfalto fuoriporta, televisione, tutto cominciò così

"LA STRADA SIAMO NOI"…online da sabato 13 dicembre 2008

Pubblichiamo il comunicato stampa diramato da Caritas di Catania, socio fio.PSD, sulla nascita di un giornale e una tv "di strada", ovvero con persone senza dimora presenti in redazione.
Scarp de’ tenis e Telestrada.
A Catania un giornale e una tv "di strada" gestiti dai senza fissa dimora.
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(…) la prima web tv "di strada" italiana con una redazione composta da senza fissa dimora, operatori e volontari Caritas, la stessa redazione che cura le pagine locali del mensile nazionale Scarp de’ tenis.

Sabato 13 dicembre 2008 alle ore 9,30 presso l’Help Center della Caritas diocesana di Catania (luogo altamente simbolico dove la redazione di strada si riunisce già da tre mesi), P.zza Giovanni XXIII. (…) Al termine dell’incontro saranno proiettati i documentari di strada prodotti dalla redazione. Inoltre l’idea è quella di una redazione giornalistica composta dai senza fissa dimora della città.

Al progetto Scarp de’ tenis, il mensile di strada nazionale, che ha aperto da poco a Catania una redazione locale, la Caritas diocesana di Catania affianca il progetto Telestrada  la prima web tv di strada italiana, con una redazione composta da senza fissa dimora, operatori e volontari.

La web tv di strada vuole rappresentare una voce indipendente e che completa il lavoro egregio dei mass media.
Telestrada dà voce ai protagonisti della strada, persone che vivono quotidianamente il disagio di non avere una casa, che sono ospiti dei dormitori e delle mense per i poveri della Caritas. Saranno loro in persona a raccontarsi e a raccontare le storie dei loro compagni di viaggio.

"La strada siamo noi" e non abbiamo affatto bisogno di alcuna mediazione di gente che vuole dare in pasto al pubblico il "caso umano" senza nessun rispetto della nostra dignità e della nostra opinione".
Telestrada è la voce vera di gente vera che la strada la vive ogni giorno.
Telestrada sarà on line direttamente dalla strada dal 13 dicembre 2008 all’indirizzo:
www.telestrada.it

Altre utili informazioni…
Il progetto rappresenta un’importante opportunità per gli esclusi e gli emarginati. Un giornale può dare voce a storie sconosciute, gettare una luce su vite che altrimenti rimarrebbero nell’ombra, e contribuire a modificare i luoghi comuni tramite cui le persone comuni considerano gli emarginati.
Scarp de’ tenis è un giornale di strada con una marcata identità. Nato nel 1994 per intuizione di un pubblicitario, Pietro Greppi, è stato sostenuto ben presto da Caritas Ambrosiana e da Cgil-Cisl-Uil provinciali di Milano, oltre che da altre associazioni del territorio. Dopo una breve interruzione, è tornato sulla strada nel 1996, edito da cooperativa Oltre, promossa da Caritas Ambrosiana: da allora ha inanellato 121 numeri senza pause, al ritmo di dieci uscite all’anno. Scarp è diffuso e  scritto da persone gravemente emarginate e senza dimora, persone che conoscono o hanno conosciuto la vita di strada, i dormitori, l’esclusione, la difficoltà di un reinserimento sociale e lavorativo. Per costoro è un’occasione di espressione, di affermazione della propria dignità, di lavoro, di integrazione del reddito, di ricostruzione delle capacità relazionali. Ciascuno dei venditori e molti degli autori sono seguiti, nel percorso di recupero e reinserimento, da operatori e servizi Caritas.

Esiste un forte legame tra i contenuti del giornale e il progetto sociale di cui è perno. Scarp si occupa (agli inizi soprattutto in chiave autobiografica, oggi con l’aggiunta di analisi e approfondimenti che presuppongono un lavoro giornalistico professionale) dell’esperienza e della vita degli homeless, ma anche di temi e fenomeni che sono preludio alla caduta "sulla strada": impoverimento e indebitamento, fragilità e disagio sociale, esclusione e periferizzazione di individui e gruppi, precarietà lavorativa e abitativa, dipendenze. Scarp si sforza anche di offrire una lettura in positivo della realtà della strada, dalle forme di solidarietà che vi si manifestano alle espressioni culturali che essa suscita e ospita.

Scarp ha un forte legame anche con la realtà dei territori in cui è diffuso: si propone alle comunità cristiane come strumento di "alfabetizzazione" rispetto ai temi e ai problemi che contraddistinguono il mondo della grave emarginazione.
Il giornale si articola in una redazione nazionale di Milano e in redazioni satelliti che dovranno curare la redazione dei testi per la parte locale e potranno essere chiamati a collaborare alla stesura della parte di interesse nazionale. Attualmente è diffuso a Milano, Genova, Firenze, Torino, Napoli, Palermo, Catania, Rimini, Vicenza.

Contesto locale:
Il progetto Scarp de’ Tennis rappresenta nel contesto locale di riferimento uno strumento fondamentale per potenziare e valorizzare il lavoro di sostegno e presa in carico delle persona senza dimora.
100%SOLIDARIETÀ
Il 100% del prezzo di copertina, è interamente destinato ai senza dimora che partecipano al progetto e alla produzione d’indotto sociale. 1 euro come guadagno diretto, 1,50 euro per spese di gestione giornale e per sostenere progetti di reinserimento siociale.
100%  LEGALITÀ
I venditori, sia italiani sia stranieri con regolare permesso di soggiorno stipulano un contratto come venditori porta a porta. 0% Lavoro nero, i venditori pagano tutte le tasse relative ai loro guadagni, inoltre, sono iscritti all’ Inps.
LA DISTRIBUZIONE
Viene venduto da persone che vivono per la strada, in situazioni di forte disagio o emarginazione.
La Strada: la rivista é distribuita da squadre di venditori che coprono le principali zone di affluenza (centro, stazioni, feste e mercati)

Live Zac 048La notte quì è come il testo di Massi Tutorè simile a qualcosa di incomprensibile ma più simile a qualcosa di inverosimile. Alle volte pensiamo a cosa sta succedendo in quelle ore a Bologna,
che si ferma e che riprende ad andare, che si ferma e che riprende ad andare,
che si ferma e che riprende ad andare,
che si ferma e che riprende ad andare….

Bologna dalle 18 alle 21 è come il capolinea del 35: fino a quì arrivano solo loro. E dalle 21 in poi si divide fra chi entra e chi esce dal ventre della notte.
Quando lavoro quì non esco e non entro, semplicemente Sto (P).
Allora entriamo quì: l’ufficio per noi è come un rifugio antiatomico e noi ci sentiamo bombardati quando cominciano ad arrivare gli ospiti. Alcuni varcano la soglia come se fossero dei giocatori di rugby sulla linea di meta, altri invece rotolano ondeggiano liquidano scivolano in ogni direzione.
Il tempo scorre diverso da ogni altro posto in cui siamo stati: il tempo ci scivola addosso, alle volte si appiccica come carta moschicida sulla pelle, mentre altre sere sembra come una doccia ghiacciata in pieno inverno.
Un sacco di domande affollano la nostra mente prima di entrare in turno e succede tutte le volte: "quanto durerà? quando finirà? ma passerà?"
Le risposte? Non le vogliamo, meglio non pensare.
Lavorare quì allo zac è un fare o un non fare? E’ un pieno o un vuoto? Lontano da vicino e dal resto del mondo.
Torno a casa e nelle tasche ritrovo tutte le parole che mi sono state buttate addosso questa notte, le spargo sul tavolo e leggo la solita storia.
Questa è la mancia stasera.

A Massi Tutor con affetto simpatia e allegria….
(bene, andrea, miki e maria alè alè)